È il giorno più duro a via delle Industrie: il colosso indiano avvia la procedura di licenziamento collettivo nella fabbrica che sarà chiusa
«Ci è rimasto solo il fuoco», strilla un capoturno. Uomini e donne in lacrime fissano le fiamme alimentate per 36 giorni: non scaldano più, neppure a due centimetri.
È un giorno freddissimo, dentro e fuori: le glaciali lettere di licenziamento raggelano gli animi dei combattenti. La Treofan chiude: è il venerdì nero.
Chiude Battipaglia
La giornata comincia male: di buon mattino, in zona industriale, arrivano 15 vigilanti dell’Ivri, presumibilmente mandati dall’azienda. Sono in portineria, ma i lavoratori li esortano ad andar via: lasciano l’impianto, ma lo presidiano dall’esterno.
Arrivano le telecamere di L’aria che tira, talk di La7. Poi se ne vanno, e calano i riflettori sulla fabbrica: l’epilogo è segnato in una lettera ai «colleghi», coi loghi di Treofan e Jindal, scritta a quattro mani dal Ceo, Manfred Kaufmann, e dal direttore finanziario, Deepak Jain.
Da Windhof, in Lussemburgo, il tedesco e l’indiano cantano il de profundis battipagliese: «Oggi, il management ha annunciato pubblicamente una decisione molto difficile; ci apprestiamo a chiudere il nostro stabilimento produttivo di Battipaglia».
Una fabbrica di quarant’anni cancellata con un colpo di spugna da quelli che mirano, come ripetono, «a diventare il fornitore europeo di maggior successo nelle pellicole per confezioni ed etichette», però non si fanno problemi a lasciare per strada le famiglie dei 65 dipendenti campani, dei 5 interinali e dei 5 consulenti.
«Sono in fase di avvio i negoziati e vogliamo assicurare che il management farà tutto quanto in suo potere per trovare una soluzione socialmente accettabile per tutti i colleghi coinvolti», scrivono Kaufmann e Jain, ricordando che «molti di loro hanno fatto parte della nostra organizzazione per parecchi anni e non hanno nessuna responsabilità per il fatto che lo scenario di mercato sia cambiato così drasticamente negli ultimi anni».
E quindi meriterebbero una mano protesa, i lavoratori di Battipaglia, ma solo a parole: i fatti non lasciano spazio ad alcuna speranza.
Licenziati senza speranze
Ed emerge amaramente qualche minuto dopo, quando i dirigenti degli uffici di Confindustria Salerno inoltrano alle maestranze l’atto ufficiale a firma di Treofan Italy: è l’attivazione della procedura di licenziamento collettivo ai danni dei 65 di Battipaglia. 19 tra impiegati e quadri e 46 operai.
Sputano cifre su cifre, ai piani alti della Treofan, per raccontare «un peggioramento della performance economica del gruppo e della divisione europea, che ha fatto calare l’Ebitda (un indicatore di redditività che evidenzia il reddito di un’azienda basato solo sulla sua gestione operativa, senza tener conto di interessi, imposte, deprezzamenti ed ammortamenti) da 31,3 milioni di euro nel 2016 fino al meno 5,3 milioni di giugno 2018».
Dati che riguardano l’intera divisione europea, ma l’agnello sacrificale, che nel frattempo aveva generato utili, è l’industria cittadina, perché la Jindal ha acquistato un concorrente e, nell’ambito della «necessaria razionalizzazione e integrazione delle produzioni svolte negli stabilimenti italiani di Treofan (che è pure a Terni) e di Jindal (Brindisi), è emerso che quello di Battipaglia ha minore capacità produttiva e la tecnologia a tre strati, obsoleta, ne limita il portafoglio prodotti».
Investimenti per implementare la produzione? «Consistenti ed anti-economici in un mercato di sovracapacità». Così il maxigruppo Jindal-Treofan taglia Battipaglia: definitiva chiusura e licenziamento. Senza nessun appiglio: la società nega i ricollocamenti interni ed ogni tipo di cassa integrazione.
Ancora in presidio
A poco a poco, a via delle Industrie, il silenzio surreale dei primi minuti lascia spazio a lacrime strazianti: «È finita», ci si ripete increduli. Poi è la rabbia a prendere il sopravvento: c’è chi urla, chi si dispera.
C’è chi, come mamma Giovanna, la memoria storica dell’azienda, fa entrambe le cose: prima s’infuria e poi sussurra parole di conforto. C’è chi sputa sul cartello “Treofan”: l’amore che diventa odio. Poi ci si riunisce in assemblea: il presidio continuerà. Attorno al fuoco: è rimasto solo quello, ma non asciugherà le lacrime.