I giudici del Consiglio di Stato gettano un colpo di spugna sulla sentenza del Tar dello scorso ottobre. E bocciano il palazzo di Santese che svetta su via Roma e piazza Conforti.
Il Consiglio di Stato ribalta la sentenza del Tar sul palazzone che svetta su via Roma e su piazza Conforti, di proprietà della famiglia Santese. Sette mesi dopo il pronunciamento dei giudici di Largo San Tommaso, le toghe romane gettano un colpo di spugna e accolgono il ricorso presentato dal Comune di Battipaglia. Una vicenda che comincia nell’agosto del 2015, quando l’Ente di piazza Aldo Moro, all’epoca nelle mani della triade commissariale composta da Gerlando Iorio, Ada Ferrara e Carlo Picone, decise un clamoroso dietrofront sulla costruzione dell’edificio, annullando in autotutela tutte le varianti concesse.
Il palazzone azzurro di sette piani, nel cuore del centro cittadino, ne aveva ricevute ben 21 fino ad allora. L’edificio, il cui progetto originario risale addirittura al 1986, fu innalzato sei anni dopo il terremoto del 1980 sulle macerie dello storico palazzo Turco, e ricostruito nel 2009 dalla “Risanamento” srl, la società di proprietà di Francesco Santese, meglio noto in città come “don Ciccio”, imprenditore edile oggi 89enne e tra i “re del cemento” in tutto il Mezzogiorno. Un edificio che, secondo il Comune di Battipaglia, fu costruito contra legem: «una pluralità di titoli edilizi conseguiti in progressione, un incremento volumetrico in violazione delle norme di legge» questo scrivono i giudici del Consiglio di Stato. «Più appartamenti e una sopraelevazione sia con riguardo al recupero del sottotetto sia con riguardo ai box pertinenziali» proseguono le toghe romane nella sentenza che ha ritenuto fondato il provvedimento emanato da Giancarlo D’Aco, il capo dell’ufficio tecnico del Comune all’epoca dei commissari, che annullò in autotutela le varianti concesse sancendo lo stop a un palazzo pronto già da tempo.
Poi arrivarono i condomini a chiedere giustizia. Il provvedimento fu impugnato dinanzi ai giudici del Tar campano da una coppia, difesi dal legale Giuseppe Vitolo, in qualità di acquirenti dalla “Risanamento srl” di un appartamento per civile abitazione, e di un annesso box auto. Nonostante il giallo della mancata perizia. Il Tar, infatti, si rivolse al Consiglio dell’Ordine degli ingegneri per individuare un civile che verificasse i fatti entro due mesi. Passarono tre anni, prima che venisse nominato. E alla fine, dopo un ultimatum di 75 giorni per consegnare la tanto attesa perizia, dalle aule di Largo San Tommaso decisero di arrivare a sentenza senza la consulenza. Le toghe salernitane accolsero il ricorso, dichiarando il provvedimento «palesemente illegittimo» e soprattutto adottato a più di 18 mesi dal rilascio dei titoli senza essere motivato «dall’interesse pubblico preminente». Non sono stati dello stesso avviso i magistrati salernitani, che nella sentenza dello scorso 13 maggio hanno precisato che «il termine dei 18 mesi richiamato dal Tar fa riferimento a una legge entrata in vigore in data 28 agosto 2015» vale a dire tre giorni dopo il l’annullamento dei titoli edilizi. Nessun effetto retroattivo, dunque. E il Comune di Battipaglia, dopo aver impugnato la sentenza, ricorrendo in appello al Consiglio di Stato, ha avuto ragione: il presidente Raffaele Greco, e l’estensore Emanuela Loria, hanno respinto il ricorso di primo grado in riforma della sentenza impugnata compensando le spese del doppio grado di giudizio. Niente da fare per “don Ciccio” Santese: il palazzo delle controversie che svetta su via Roma, finito negli anni pure nel mirino della giustizia penale con quattro rinvii a giudizio, non è più salvo. Parola dei giudici.