A via Marsala, a Battipaglia, c’è il quartier generale delle idee di Tramontana, La Brocca, Landi e Granozio, tutti under 30
Quando si apre la porta dello studio di design creativo Refuse Factory, a dare il benvenuto, scodinzolando, è un simpatico cane di nome Tre.
È la cifra dell’atmosfera amichevole e poco convenzionale che i protagonisti di questo laboratorio hanno voluto creare.
Tutto nasce da un grande tavolone cubico, in via Marsala, a Battipaglia, creato con i pallet su cui campeggiano quattro portatili, tante penne, lampade e un cavalletto con dei bozzetti.
Qui nascono le idee di Sonia Tramontana, Pierfrancesco La Brocca, Martina Landi e Marina Granozio, tutti rigorosamente under 30 e rispettivamente architetto, ingegnere civile, art director e ingegnere gestionale.
Uno sguardo globale
Una passione per l’ambiente, il riciclo e l’innovazione che vengono da lontano, a volte da soggiorni all’estero dove l’approccio con gli scarti o l’impiego di nuovi materiali eco-compatibili fa già parte della cultura della bioedilizia.
Tramontana, in particolare, ha dedicato la sua tesi di laurea alla realizzazione di abitazioni a basso costo a Calcutta, in India, possibile soluzione per le classi più povere.
In questo ambito, la legislazione italiana sconta l’ennesimo ritardo sebbene le competenze siano disponibili da tempo. Eppure qualcosa, lentamente, si sta muovendo.
Sostenibili si nasce
Refuse Factory nasce ufficialmente lo scorso autunno, con un chiaro intento sociale e un occhio al mercato.
Accanto all’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sulle tematiche del riutilizzo dei materiali di scarto, il gruppo ambisce ad affermarsi come realtà di design “sostenibile” per allestimenti, eventi, arredi contemporanei e ambienti più disparati, attraverso percorsi creativi e acrobazie manuali.
I quattro creativi battipagliesi possono vantare già una partecipazione all’edizione 2018 del Giffoni Film Festival, con laboratori diretti a giovani dai 3 ai 13 anni, e una suggestiva installazione di 8x3m e alta 2, dal titolo P-Wave, realizzata in rete metallica e plastica, che si è fatta notare già presso il Parco Eco-Archeologico Legambiente di Pontecagnano e il Makers Fair di Roma.
Il primo progetto
Date le dimensioni pensate, l’opera ha posto le prime sfide già dal capitolo progettazione, dovendo essere realizzata in modo funzionale per un agevole trasporto, assemblaggio e smontaggio, a seconda delle necessità.
Altra scommessa è stata quella legata ai materiali.
P-Wave, infatti, è composta da circa settemila bottiglie di PET di diversa misura, per la cui raccolta è stato coinvolto tutto il quartiere nei pressi della sede fra bar, esercizi commerciali e semplici cittadini.
Una vera e propria azione collettiva, un’occasione per parlare di valori quali la creatività, il rispetto per l’ambiente, la cittadinanza attiva, e tutto attraverso l’uso artistico dei materiali di scarto. È un punto fermo dal quale poter ripartire convinti delle proprie forze.
Dove andranno?
E mentre Tre compie gli anni, i piani futuri di questo “centro sperimentale di cooperazione e sviluppo” (come amano definirlo i giovani creatori) sono ben chiari.
Tentare di replicare un progetto olandese sul riciclo casalingo con macchinari per la fusione ed estrusione della plastica, insistere su progettualità nelle scuole, bandi di idee e concorsi per dare sempre nuovo slancio al messaggio green che Refuse Factory ha impresso nella sua mission.