I giudici del Tar Campania salvano il palazzone di Francesco Santese, noto imprenditore edile battipagliese che si era visto annullare in autotutela tutte le varianti concesse all’originario progetto edilizio in via Roma, al centro della città. Cinque anni dopo, le toghe della seconda sezione del Tar hanno dato ragione a “don Ciccio”.
Salvato dai condomini. Francesco Santese, imprenditore 88enne di Battipaglia, meglio noto in città con l’appellativo di “don Ciccio”, ha avuto ragione secondo i giudici del Tribunale amministrativo regionale. A raccontare la vicenda, in anteprima, c’è stato un articolo comparso ieri su “La Città di Salerno”. Il progetto dell’immobile di sette piani situato a via Roma, che nel corso degli anni aveva subito ventuno varianti, nel 2015, per mano dei commissari straordinari Gerlando Iorio, Ada Ferrara, Carlo Picone, e del dirigente Giancarlo D’Aco fu annullato in autotutela. Il motivo? Più appartamenti rispetto a quelli consentiti.
Un palazzone che nacque sulle ceneri dello storico immobile Turco, abbattuto dopo il terremoto del’80, e ricostruito dai Santese nel 2009. Poi un calvario durato oltre cinque anni, tra ricorsi al Tar e rinvii a giudizio. Nei giorni scorsi, però, il Tar Campania ha deciso: “don Ciccio” Santese ha ragione. Una decisione che arriva a sorpresa e senza consulenza. Nel 2016, infatti, s’era deciso di affidarsi ad un ctu, un ingegnere nella fattispecie, perché verificasse i fatti. Solo nel 2019, in netto ritardo, fu nominato Michele Brigante che prima chiese una proroga dell’incarico, salvo poi ricevere un ultimatum: 75 giorni di tempo per consegnare la perizia. Non bastano, e allora i giudici danno la sentenza senza alcuna consulenza.
E a salvare Santese c’hanno pensato i condomini. Un notaio battipagliese, insieme alla sua compagna, ha presentato un ricorso per aver acquistato, lì, un garage e un appartamento opponendosi all’annullamento in autotutela presentato da D’Aco. Il provvedimento d’annullamento, infatti, adottato a più di diciotto mesi dal rilascio dei titoli, dev’essere motivato “da interesse pubblico preminente”. I 18 mesi erano scaduti da tempo. Un verdetto emesso in passato che ha potuto risolvere anche questo contenzioso. Inutile il tentativo di opporsi da Palazzo di Città, che dovrà pagare pure le spese e i compensi di lite. Mentre il palazzo di fronte a piazza Conforti è salvo, e da oggi aprirà le porte.