Avvertimento iniziale: lo scopo di queste poche righe è spiegare in breve cosa ha previsto la nostra Regione per smaltire i rifiuti che produciamo. Tale scopo, però, probabilmente non sarà raggiunto e il motivo è proprio nell’argomento trattato: la gestione dei rifiuti in Campania.
Se con gli amici, al bar, in famiglia, per strada si pronunciano queste poche parole, si scatenano dibattiti degni dei migliori (o a scelta, peggiori) talk televisivi: ognuno dice la propria, ha ricordi personali, conosce quel tale che ha un parente alla regione che gli ha detto che si da fondo alla fantasia più sfrenata per elaborare insulti diretti quasi a tutti, per poi terminare con ricette e soluzioni che ti fanno venire il dubbio che solo chi non conosce il problema lo possa risolvere.
Accade forse perché la storia dei rifiuti prodotti dall’uomo non è altro che la storia dell’uomo stesso, delle grandi conquiste e anche dei grandi errori, del meglio e del peggio che possiamo essere in quanto esseri umani.
Questa storia, in Campania, è quanto mai complessa e l’insieme di date, leggi, processi, tonnellate di numeri e numeri di tonnellate, disegna un labirinto nel quale pochi hanno voglia di entrare. Non tanto per mancanza di conoscenze, voglia, coraggio, ma soprattutto per l’elemento più temibile di fronte al quale tutti cediamo: il tempo. Quello che trascorriamo in fila per pagare, per una visita medica, per il lavoro, per lo svago, anche quello che buttiamo via e che non ritroviamo perché è “tempo perso”, quello che in definitiva non troviamo più per informarci e, magari, partecipare.
Correndo il rischio di semplificare al massimo senza perdere in precisione, spero che anche il tempo per leggere quest’articolo non sia perso e quindi… si parte. Non da zero, perché per fortuna “abbiamo un piano”, il Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti Urbani della Regione Campania (detto PRGRU).
Esiste una legge nazionale, il Testo Unico Ambientale, ma le Regioni devono scrivere un proprio piano di gestione dei rifiuti. L’ultimo aggiornamento del “nostro piano” comincia così “Benché ogni attenzione e sforzo siano stati profusi nella preparazione del materiale contenuto in questo documento, la sua assoluta accuratezza non può essere garantita. La Regione Campania declina qualsiasi responsabilità collegata all’utilizzo, per qualsiasi scopo, di informazioni o dati contenuti in questo documento”. Inizio poco incoraggiante ma dovuto.
Il Piano
Il Piano è del 2012 ed ha subito, giustamente, aggiornamenti e modifiche. Che cosa contiene? Un po’ di storia (legislativa e tecnica), analisi dei dati sui rifiuti con previsioni su cosa è necessario fare per smaltirli, come scegliere i luoghi per nuovi impianti, vari scenari futuri possibili, come monitorare nel tempo la sua applicazione.
Ma di cosa stiamo parlando? Di rifiuti, certo, ma quali? I rifiuti li dividiamo così (o meglio, così li classifica la legge).
Considerato che il Piano di cui stiamo parlando tratta dei rifiuti urbani, cosa prevede? I “nostri” rifiuti dovrebbero seguire diverse strade.
Dalla raccolta differenziata, i rifiuti sono separati in frazione umida (Forsu) e frazioni secche. Queste ultime sono composte da ciò che “buttiamo” nei vari giorni della settimana: plastica, metalli, carta, vetro e secco indifferenziato, quello che non riusciamo a selezionare.
Il secco indifferenziato viaggia verso i sette impianti Stir, noti anche come ex CDR, dove si cerca di separare la parte organica (che viene stabilizzata e diventa FOS, ovvero Frazione Organica Stabilizzata) ancora presente da quella più secca (che viene confezionata nelle famose Ecoballe).
Da qui, la FOS (che contiene un po’ di secco) dovrebbe essere venduta ad esempio per ricoprire le discariche o risanare cave, mentre le ecoballe (che contengono un po’ di umido) dovrebbero partire per l’inceneritore di Acerra.
E la “differenziata”? Quello che abbiamo selezionato negli altri giorni (plastica, metalli, carta, vetro…)? Il Piano analizza solo i dati e ne stima i valori futuri, vigendo il libero mercato nel trattamento dei rifiuti differenziati. In tali impianti i rifiuti selezionati sono ulteriormente raffinati per essere poi venduti a chi li userà per produrre nuovi materiali. I cittadini dovrebbero guadagnere dalla vendita dei loro rifiuti differenziati ai privati, ma questa è un’altra storia.
Resta la parte “umida”, l’organico. La maggior parte viaggia fuori regione, poiché, sino al 2017 risulta attivo il solo impianto di Eboli. L’impianto di Salerno, chiuso dall’ANAC, autorità anticorruzione, forse riprenderà a funzionare entro l’anno, mentre altri impianti previsti nella prima versione del Piano Regionale non sono stati realizzati (e anche questa è un’altra storia).
Questa è l’analisi, lo stato di fatto ma il piano, ovviamente, si compone di una parte di programmazione.
Prevede per esempio di raggiungere il 65% di Raccolta Differenziata entro il 2020, per limitare il rifiuto da trattare negli Stir e, di conseguenza, quello da trattare nel termovalorizzatore di Acerra.
Prevede, inoltre, che anche laddove si raggiungesse solo il 60%, non ci sarebbe bisogno di altri termovalorizzatori, arrivando a bruciare circa 750.000 t/anno, il massimo teorico del termovalorizzatore.
Con l’aumento della differenziata, invece, si prevede di ridurre il lavoro degli Stir che potrebbero essere riconvertiti a impianti di compostaggio. Si intende raggiungere tale obiettivo con una serie di azioni, tra le quali la promozione di centri di raccolta; l’implementazione di sistemi di incentivazione per gli utenti del servizio; la predisposizione di linee-guida per uniformare le raccolte sul territorio; la formazione e l’informazione degli utenti.
Il piano prevede ancora la realizzazione di una serie di impianti di compostaggio per raggiungere l’autosufficienza (pur affermando che tale autosufficienza non è dovuta), suggerendone la realizzazione in primo luogo all’interno degli Stir e poi in altri centri, ad oggi non ancora individuati, anche se si prevede finanziamento e realizzazione di impianti di trattamento aerobico della frazione organica a servizio di consorzi di Comuni.
Un ostacolo alla realizzazione del compostaggio nello Stir di Battipaglia, primo a proporsi per tale progetto, è che la FOS nessuno la vuole e non solo non si vende, ma vengono pubblicati bandi dove si offrono soldi per svuotare i TMB (ex Stir, ex CDR…). Le gare vanno deserte e il prezzo offerto aumenta (leggi anche qui).
Per quanto riguarda le ecoballe, l’inceneritore di Acerra dovrebbe ricevere tutto l’indifferenziato della Regione proveniente dai 7 TMB, ma non ce la fa perché la raccolta differenziata ha percentuali basse (circa il 53% al 2017) e quindi arriva troppo rifiuto ai TMB, che lo girano, in parte, all’inceneritore. Come se non bastasse, il termovalorizzatore ha dei fermi programmati che ne riducono la capacità e che lasciano a terra le ecoballe, generando emergenze a fronte di manutenzioni ben previste. Tali fermi, pur programmati, non sono contemplati nel Piano che prevede di sfruttare sempre al massimo la capacità di incenerimento, con il risultato di programmare, questo sì, l’emergenza.
Il problema è che il Piano si fonda su una serie di previsioni, motivo per il quale deve essere soggetto a continue verifiche. La prima fra tutte è l’obiettivo del 65% di Raccolta differenziata.
Dall’ultimo rapporto dell’Osservatorio rifiuti, relativo al 2017 (gli aggiornamenti sono sempre in ritardo di due anni), si vede come tale obbiettivo sia difficilmente perseguibile (la Raccolta è aumentata dell’8,8% in 5 anni e sembra difficile aumentarla del 12,2% in un anno solo) e quindi come tutte le previsioni siano da rivedere.
Il ritardo nella elaborazione dei dati si deve, tra l’altro, al fatto “che i Comuni campani risultano essere gli unici in Italia obbligati ad effettuare 4 comunicazioni a 4 sistemi diversi di raccolta dati (ORR – MUD – SISTRI e Banca Dati ANCI – CONAI): il risultato della moltiplicazione dei sistemi di raccolta è costituito da una grande quantità di informazioni contenuta in sistemi non interoperabili e non confrontabili tra di loro”, mentre, a tal riguardo, per quanto previsto nel VII Programma d’Azione Ambientale dell’Unione Europea.
(Decisione 1386/2013/UE), si rileva “la necessità di evitare una sovrapposizione di sforzi di acquisizione e raccolta di informazioni, causa di inutili oneri amministrativi a carico delle autorità pubbliche”.
Non è inutile ricordare che la Corte di Giustizia Europea ha condannato l’Italia con riferimento alla gestione dei rifiuti in Campania, comminando una sanzione pecuniaria di 120.000€ al giorno: quarantamila per il mancato adeguamento delle discariche, quarantamila perché mandiamo rifiuti fuori regione verso altri termovalorizzatori e quarantamila perché non abbiamo sufficienti impianti di compostaggio. Ovviamente le scelte del Piano sono state condizionate anche da questo.
Il Piano prevede anche un programma di prevenzione per ridurre la produzione dei rifiuti a monte (riduzione intelligente e sostenibile della produzione e della pericolosità dei rifiuti; diffusione della cultura della sostenibilità ambientale, pratiche di estensione del ciclo di vita dei prodotti e potenziamento della filiera del riutilizzo e del recupero di materia; ottimizzazione delle performance ambientali delle PP.AA., anche mediante l’adozione sistematica di bandi verdi, la diffusione delle tecnologie e l’applicazione delle misure per la dematerializzazione cartacea; riduzione della quantità dei rifiuti destinati in discarica; contrazione e razionalizzazione della spesa pubblica per lo smaltimento dei rifiuti) che, per quanto si uniformino alle linee guida sul “Preparing a waste prevention Programme” emanate dalla Commissione Europea (2012) e ai contenuti del Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti (2013), restano solo dichiarazioni di intenti.
Gli appelli ai cittadini a un comportamento più virtuoso non bastano. La raccolta differenziata è uno degli anelli di un sistema più complesso, ci troviamo ad essere vittime e colpevoli allo stesso tempo. Colpevoli di non fare abbastanza in una migliore differenziazione dei rifiuti.
Vittime di un sistema appesantito dalla burocrazia, manchevole in meritocrazia, anche verso i più virtuosi, spesso complice di altri sistemi, poco leciti, ma onnipresenti. Ma anche questa è un’altra storia.