Il direttore dell’organizzazione produttori “Terra Orti”, Emilio Ferrara, scrive al ministro per le Politiche Agroalimentari, Teresa Bellanova. «Aprite una trattativa con la Russia e fate presto», questo l’appello poche ore dopo la proroga dell’embargo voluta dal presidente Vladimir Putin.
Emilio Ferrara (Terra Orti) rinnova l’invito al ministro Teresa Bellanova per aprire una trattativa con la Russia. Il presidente Vladimir Putin, infatti, ha di recente prorogato di ulteriori dodici mesi l’embargo per i prodotti provenienti dall’Italia.
«La Russia, pertanto, continuerà a rimanere chiusa all’export di ortofrutta europea fino al 31 dicembre 2021. Gentile Ministra Bellanova, è tempo di ribadirle l’appello che le ho già rivolto a Berlino lo scorso febbraio a Fruit Logistica, la prima e ultima fiera internazionale del 2020: le chiediamo di fare in modo di ottenere l’impegno del Governo affinché si attivi una trattativa concreta per risolvere le annose questioni tra l’Unione Europea e la Russia che impattano sul settore agroalimentare e in particolare sull’ortofrutta» si legge nella missiva indirizzata al ministro delle Politiche Agroalimentari.
EMBARGO RUSSO: PERDITE PER OLTRE 1 MILIARDO DI EURO
Dal 7 agosto 2014, quando la Russia prese questa decisione come contromossa alle sanzioni decise dall’Unione Europea per l’annessione della Crimea e la conseguente guerra di Donbas, per gli esportatori di generi alimentari sono cominciate gravi perdite economiche.
«Da un giorno all’altro – prosegue Ferrara – si sono chiuse le porte di un mercato attrattivo per l’agroalimentare Made in Italy, con conseguenze pesantissime sull’intera economia nazionale. Tra i comparti più colpiti, come noto, anche l’ortofrutta, che ha visto sfumare alcune centinaia di milioni di euro di fatturato (nel 2013 ICE ha tracciato valori di oltre 130 milioni in via diretta, ai quali bisogna aggiungere quelli che arrivavano in Russia passando per altri paesi»-
Una decisione che ha favorito i competitors extra Unione Europea non colpiti dall’embargo. Perdite stimate in circa 1,2 miliardi di euro. Costi non più sostenibili per un settore in forte crisi come quello agroalimentare, oggi messo ulteriormente in ginocchio dal mostro del 2020: il Covid-19.