Il battipagliese Emanuele Andreano, ricercatore e responsabile del progetto Covid-19 per il MAD Lab della Fondazione Toscana Life Sciences, ci illustra gli anticorpi monoclonali, cosa sono, il loro processo per indentificarli, e perché rappresentano un’arma importantissima nella battaglia contro il Covid-19.
– Partiamo subito da questi anticorpi monoclonali. Cosa sono e perché sono così importanti nella battaglia contro il virus?
Gli anticorpi monoclonali vengono naturalmente prodotti da tutte le persone per combattere le malattie infettive. Sono importanti, specialmente in questa circostanza, perché sono in grado di bersagliare in maniera molto specifica i punti “deboli” del virus, per poterlo così neutralizzare. Avere a disposizione un’arma che permette di bersagliare in maniera specifica il virus e neutralizzarlo è quindi un chiaro vantaggio.
– Ci spieghi il procedimento per l’identificazione di questi anticorpi.
Il processo è un po’ più complicato. Si preleva del sangue da dei soggetti convalescenti dall’infezione da Covid-19, dove all’interno ci sono delle cellule chiamate “B”, responsabili della produzione degli anticorpi. Abbiamo isolato le singole cellule “B” dai pazienti sopravvissuti al Covid-19, in modo tale da poter riprodurre in laboratorio gli anticorpi prodotti da tali cellule. Ne abbiamo isolate più di quattro mila, e di queste ne abbiamo testate tutte, fino ad arrivare alla selezione di tre candidati: quelle che producevano gli anticorpi più potenti e neutralizzanti contro il virus. Sempre da queste tre ne è stato individuato uno, attualmente in fase di sviluppo per entrare in clinica.
– Gli anticorpi monoclonali potrebbero essere in qualche modo più efficaci del vaccini anti-Covid attualmente in produzione o già prodotti, come ad esempio quello della Pfizer?
Le sue strategie sono diverse, ma decisamente sinergiche. Il vaccino mira ad avere un effetto profilattico importante, viene somministrato prima che l’infenzione si presenti. Ci vuole più tempo affinché porti il sistema immunitario a produrre anticorpi che proteggano lo stesso. Si procede somministrando la prima dose, seguita poi dalla dose di richiamo dopo ventuno o ventotto giorni, e dopo la somministrazione della seconda dose, nel giro di un paio di settimane, il sistema immunitario si sarà completamente formato e si sarà irrobustito a sufficienza per prevenire l’infezione. Una volta che ciò è avvenuto, l’immunità indotta dal vaccino potrebbe durare anche per anni. Per quanto riguarda gli anticorpi monoclonali invece, questi potrebbero essere somministrati in due modi: in maniera profilattica, come il vaccino, dove viene iniettato un anticorpo che non va a stimolare il sistema immunitario, ma che resta lì, pronto ad intervenire. Dopo circa sei mesi l’effetto svanisce e c’è bisogno di una seconda dose. Può però essere somministrato anche a scopo terapeutico, al soggetto che ha già contratto il virus, in modo da abbattere la carica virale.
– Quanto tempo potrebbe occorrere per completare questa operazione? E una volta terminata, come si procederà?
La prima fase si è già conclusa, ma stiamo iniziando a individuare anticorpi sempre più potenti anche contro le varianti emergenti che stanno nascendo. Per quanto riguarda questa prima linea di anticorpi che abbiamo identificato, la fase di ricerca è finita così come anche quella sperimentale. A breve entreremo nella fase di sperimentazione clinica insieme all’istituto “Lazzaro Spallanzani” di Roma, e procederemo con la somministrazione. Le fasi saranno suddivise in una prima, che mira alla sicurezza del farmaco e alla sua tollerabilità. Una volta superata questa fase si potrà passare alla seconda su soggetti che hanno contratto l’infezione.
– Pensa che riusciremo a vedere la fine di questo incubo entro il 2021, almeno qui in Italia, o ci toccherà aspettare il 2022?
Di certo con questa importante campagna di vaccinazione la situazione dovrebbe un po’ calmarsi. Bisognerà comunque stare attenti e continuare a studiare. Il virus sta variando per adattarsi alla risposta delle persone che lo contraggono, ed è assolutamente normale. Prima la gente è vaccinata, meno può essere infettata, quindi meno infezioni equivalgono a meno possibilità di mutamento del virus, perché non ne avrebbe il tempo. È quindi importantissimo che la distribuzione del vaccino avvenga quanto più velocemente possibile, però dobbiamo continuare a studiare e monitorarlo, in modo tale che, in caso dovesse accadere qualcosa, saremmo pronti a reagire.