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Nelle acque torbide di Battipaglia colano a picco le speranze di chi aspettava un mare pulito. É durato dodici mesi il sogno d’un litorale tutto balneabile: ora, su mezza fascia costiera cittadina, sventola di nuovo la bandiera nera. Lo fanno sapere i funzionari dell’Arpac, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, che ai primi d’aprile hanno campionato le acque del mare che bagna la costa cittadina. I rilievi sono di nuovo impietosi: ci sono 1,4 chilometri, quelli a sud dell’area a ridosso della foce del Tusciano, che ricadono nuovamente in zona nera. La sindaca Cecilia Francese dovrà emanare il divieto di balneazione.

BANDIERA NERA

L’area di Spineta Nuova, che comincia 200 metri a sud della foce del Tusciano e termina due centinaia di metri prima dell’incrocio tra la litoranea e via Spineta, è bagnata da acque contaminate: se gli enterococchi intestinali sono al di sotto della soglia, 150 a fronte d’un valore limite di 200 unità ogni 100 milioni d’acqua, è l’escherichia coli a dilagare. Il batterio, che indica la fecalizzazione dei liquidi, è a quota 560 unità ogni 100 millilitri. Oltre il tetto delle 500, vietato tuffarsi. Vale lo stesso per le acque al largo della fascio più a sud, che s’estende fino alla masseria Spineta: qui le unità di escherichia coli sono addirittura 591. Nella norma gli enterococchi intestinali. Più a sud il quadro migliora: in località Spineta la qualità delle acque arride a balneari e bagnanti e, per i funzionari dell’Arpac, si può nuotare in libertà pure in zona Lago. I prelievi sono stati effettuati il 9 aprile scorso, alle 11 del mattino.

L’IMPIANTO DEGLI SPRECHI

Ed il verdetto sa di beffa: un anno fa, l’Amministrazione comunale aveva annunciato trionfalmente che, dopo anni d’inquinamento, il litorale cittadino era finalmente bagnato da acque purificate. Un sogno durato un anno, e poi colato a picco. Il paradosso è che, nella scheda redatta dai tecnici dell’Arpac, aggiornata quest’anno, si legge che tra le cause d’inquinamento ci sono proprio le modalità di trattamento delle acque reflue: ai principi del 2018 erano terminati i lavori di adeguamento tecnologico dell’impianto di depurazione di Tavernola, costati quasi 3 milioni di euro. Si quintuplicò la portata dell’impianto, ma nel progetto, redatto dal Ministero dell’Ambiente, non erano previsti interventi per la gestione delle acque meteoriche e neppure per il trattamento dei fanghi. L’impianto produce più fanghi e non riesce a smaltirli. “La quota di reflui che l’impianto non riesce a trattare, pari a circa il 60 per cento del totale, viene sversata direttamente nel fiume Tusciano” scrive l’Arpac. E poi ci sono i reflui che non vengono depurati: sono quelli recapitati nel Tusciano, in città, a via Belvedere, via Padova, via Spineta, piazza Cacciatore, e quelli di Montecorvino Rovella, che finiscono nei torrenti e negli affluenti. Ad Eboli non ci sono di questi problemi: lì l’acqua è balneabile. “La classificazione di eccellenza ci soddisfa, ma non ci meraviglia” commenta il sindaco Massimo Cariello.

Articolo estratto da “La Città” 19/04/2019