Passeggiava tranquilla per le strade della limitrofa Battipaglia. Quando nel pieno centro cittadino sente chiamare il suo nome. «Carmine Ciccarone!». Lei si gira, e partono gli insulti: «Gay di me… vai via trans!». È l’ennesimo episodio di discriminazione di genere accaduto lunedì sera a Battipaglia, in via Italia, quando Carmine, insieme a un gruppo di amiche, camminava liberamente per strada.
Prima che divenisse la vittima di un gruppo di bulletti. «Ringrazio le mie amiche per aver subito preso le mie difese – racconta Carmine – e per avermi consigliato di andarmene. Altrimenti non saprei come sarebbe potuta finire la vicenda». Carmine ha paura mentre racconta l’episodio. Per lei e per chi un giorno potrebbe trovarsi al posto suo. «Non voglio fare la vittima – scrive in un post di sfogo sui canali social – ma ultimamente sembra che vi stiate accanendo su di me». E poi aggiunge rammaricata: «Non è la prima volta che mi succede, anzi… e quello che mi preme sottolineare è che fa male scendere per strada e sentirsi etichettato come il frocio, il gay o il trans ogni volta. Chissà se queste discriminazioni finiranno realmente un giorno. Sono impaurita e ferita anche perché ho sentito gridare il mio nome, come se mi volessero avvertire che mi conoscono. Non lo dico solamente per me, ma per tutti coloro che possono vivere i miei stessi disagi».
Un tema caldo quello dell’omofobia e della discriminazione di genere, che in Italia nelle ultime settimane è tornato alla ribalta delle cronache per via del famoso Ddl “Zan”, il testo di legge per la prevenzione e il contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità, fermo dal 2018, e sul quale la Camera ha votato mentre al Senato è ancora tutto in sospeso.
«Esprimo innanzitutto massima solidarietà a lei – commenta Pasquale Quaranta, fondatore di Arcigay Salerno ed ex presidente onorario -. Ma oltre alla solidarietà per i vili insulti ricevuti, credo che il problema sia più profondo: le famiglie non sanno come spiegare ai propri figli le differenze di genere. Il pensiero di vivere in una società di persone non identiche sembrerebbe un’ovvietà e pure non è così. Una società democratica si fonda sul rispetto delle differenze». Il focus, secondo Quaranta, dovrebbe spostarsi su chi subisce le discriminazioni. «Spesso – aggiunge l’attivista e giornalista – già da piccolini ci si può innamorare di persone dello stesso sesso, o non riconoscersi nel genere di nascita. Il problema è che queste condizioni vengono “patologizzate” dalla società, che tratta i gay o i trans come degli ammalati da curare, come qualcuno da portare dallo psicologo. Ma la vera malattia è l’omofobia, non l’omosessualità». Infine, l’invito ad approvare il disegno di legge bloccato. «Spero che in Parlamento facciano presto – conclude il fondatore dell’associazione a tutela dei diritti LGBT – perché consentire a tutte le vittime di discriminazioni di avere la legge dalla propria parte».