La protesta degli operai della Deriblok arriva fino a Milano. Dopo i licenziamenti da parte dell’azienda due lavoratori hanno deciso di fare appello a “Le Iene”.
Oltre 800 km di auto per manifestare la propria rabbia: gli operai della Deriblok a Milano per far sentire la propria voce dopo i licenziamenti eseguiti dall’azienda nei mesi scorsi. Due lavoratori si sono spinti fino alla sede della Mediaset lanciando un appello a “Le Iene”, il noto programma televisivo di approfondimento e d’inchiesta giornalistica. «Care Iene, vi chiediamo aiuto per riavere dignità e giustizia» si legge su uno degli striscioni che le maestranze hanno lasciato lì, a Cologno Monzese, a pochi passi dal quartiere generale della Mediaset. Una vicenda che comincia in piena pandemia, nel 2020, quando i vertici dell’azienda con sede nella zona industriale di Battipaglia decise di licenziare cinque lavoratori “rei” di avere la tessera dei sindacati in tasca.
In campo scesero le sigle sindacali, Cgil e Felmca-Cisl, e anche la sindaca di Battipaglia Cecilia Francese per tentare una mediazione. E gli operai decisero per due giorni di sciopero davanti ai cancelli dell’azienda. Ma la proprietà non ne volle sapere, e chiusa a riccio sulle proprie posizioni confermò i licenziamenti. A marzo del 2021 le prime cause finirono in tribunale, con alcuni operai che hanno accettato la conciliazione dai 60 ai 75mila euro, e altri che sono ancora in attesa del verdetto. È passato il tempo, ma in via delle Industrie la musica non è cambiata perché lo scorso 11 aprile, due anni dopo i famosi licenziamenti, dall’azienda arrivò l’aut aut: o si accettano due ore di lavoro al giorno part-time, oppure tre operai su quattro saranno licenziati mantenendo solamente uno a tempo pieno.
Una scelta dovuta alla riorganizzazione aziendale che prevede il ridimensionamento del personale non ritenuto più utile dopo l’eliminazione di alcuni macchinari e la sostituzione del lavoro manuale con quello automatizzato. Nel mirino ci finirono ancora una volta gli operai con la tessera in tasca. Detto fatto, undici giorni dopo l’ultimatum lanciato dalla proprietà, altri tre operai sono stati mandati a casa. Cinque licenziamenti ad ottobre del 2020, che si sommarono al primo licenziamento del 2018. E due anni dopo altri tre operai, con più di 20 anni di lavoro alle spalle, hanno perso il lavoro. Anche questi ultimi hanno impugnato il provvedimento e sono in attesa dell’esito della causa. La loro rabbia, però, non s’è ancora placata. Ed è arrivata fino in Lombardia.