Un progetto fotografico per riscoprire la naturale bellezza sospesa delle località campane abbandonate in seguito al sisma del 1980, e di quelle che invece tra mille difficoltà hanno trovato la spinta per ripartire. È “Palingenesi“, l’atlante della ricostruzione del fotografo e docente Gianni Comunale
Riscoprire quegli scorci meravigliosi e allo stesso tempo tetri, avvolti nel silenzio dopo che i suoi abitanti, colpiti da uno spaventoso sisma, li hanno abbandonati per cercare di ricomporre i pezzi delle proprie vite. Palingenesi è un progetto del fotografo e docente Gianni Comunale, che ha lo scopo di documentare quei luoghi rimasti fermi da quarant’anni, dal 23 novembre del 1980 per l’esattezza, ma anche di presentare quelle località che, dalla profonda ferita, sono riuscite a rinascere e ripartire.
Nato tra il 2018 e il 2019, Palingenesi punta a diventare un atlante della ricostruzione, puntando i riflettori sulla storia del nostro territorio. Una storia fatta di sofferenza ma anche di orgoglio, da custodire e mai dimenticare. Sul sito web è possibile trovare due diverse catalogazioni degli scatti: la prima, “Càs Carùte“, ospita le immagini dei piccoli comuni dell’entroterra campani abbandonati, da Apice fino a Tocco Caudio, passando per Romagnano al Monte e Senerchia.
Come si spiega: «L’indagine ci mostra un’Italia “minore” fatta da piccoli paesi dell’entroterra campano, congelati dagli eventi in un tempo che in molti ricordano e che eppure sembra lontanissimo». La seconda parte invece s’intitola “Restanza“, e presenta gli scatti di quei paesini che invece, a differenza di altri, non sono rimasti soltanto un ricordo, ma che invece hanno proseguito il loro percorso di ripartenza e rinascita, come la già citata Romagnano al Monte, ma anche Castelnuovo di Conza, S. Andrea di Conza e Teora.
Come si legge nella presentazione ufficiale, «Alcuni di questi paesi sono stati ricostruiti ex novo poco lontano, in aree ancora di enorme bellezza paesaggistica, altri ricostruiti in sito cercando una integrazione fra “nuova” e “vecchia” architettura, altri ancora cercando di mantenere l’assetto urbanistico originale. Tutti però con grandi potenziali legati all’economia del territorio, e che in questo momento storico, dove siamo costretti a ripensare ad un nuovo modo di vivere e di abitare trovando alternative più sicure e sane, sembrano offrire una scelta plausibile per noi e per la loro esistenza».