Il giovane artista battipagliese Ryco ha rilaciato un nuovo singolo, diviso in due parti, intitolato “Sentimenti sintetici“, e racconta: «Mi interessa di arrivare a chi è come me»
Negli scorsi giorni il giovane artista battipagliese Alberico Abate, in arte Ryco, ha rilasciato due nuove, interessanti tracce da solista, dopo un passato (che è ancora il suo presente) fatto di collaborazioni in gruppi e formazioni locali, come i Main Street e The Hate Parade, e sperimentazioni tra vari generi musicali, dal pop al rap, passando per il metal.
Oggi Ryco si presenta in una veste cantautorale sempre convincente, in cui la sua penna adotta una chiave romantica e contemporanea. Le due tracce, intitolate “Sentimenti Sintetici“, parte uno e parte due, nonostante la breve durata sono in grado di lasciare il segno, e quell’appetito necessario che spingono a pigiare il tasto “replay”.
«“Sentimenti Sintetici” è il nome che volevo dare a un EP totalmente mio che sarebbe dovuto uscire nel 2014 circa – racconta l’autore battipagliese – Al tempo ero già nei Main Street e avevamo già pubblicato il nostro primo album, ma mi trovavo in un periodo in cui avevo bisogno di scrivere di me, di esprimere delle cose che fossero solo mie. E così pensai a questo EP che doveva avere toni piuttosto cupi e atmosfere dark, con il nome di “Sentimenti Sintetici”. “Sintetici” per il dualismo tra brevi, coincisi e synth come strumento principale delle tracce».
Il progetto però finì in archivio, e per sei anni la voce dei The Hate Parade ha continuato a fare musica in gruppo, fino a quando il lockdown ha mescolato le carte in tavola, e quella vecchia idea di un EP in solitaria è ritornata alla luce: «Avevo di nuovo bisogno di quell’indipendenza musicale ed espressiva, quella fame di sperimentazione, di vedere la musica nella sua forma artistica primordiale, quella dove la musica è espressione diretta di chi la fa», spiega.
Per questo progetto, le forti ispirazioni emo-trap americane, provenienti da artisti come Lil Peep e Juice WRLD, sono state essenziali: «Mi hanno colpito perché hanno dimostrato che per esprimere dei sentimenti non serve per forza la voce di Freddie Mercury. Che è ok se spingiamo sull’autotune, che è ok non avere un master da Abbey Roads, che è ok essere se stessi sulla traccia, quindi riempirla di espressività al posto di ostentare una tecnica sopraffina».
Nei testi c’è la semplicità e la bellezza della quotidianità: dal concetto di “macchina” come una casa in movimento, in cui si consumano amori e dolori, fino all’annuncio dei treni nell’altoparlante. Dettagli che nella loro ordinarietà sanno fare la differenza. «Mi interessa arrivare a chi ogni secondo si fa domande sulla vita, su quello che gli succede, su quello che gli altri fanno. Mi interessa arrivare a chi è come me», aggiunge l’artista, che presto pubblicherà nuove tracce già ultimate, e non esclude anche una terza parte di “Sentimenti sintetici“, prima di dare alla luce poi il suo primo album da solista.