Lo storico caseificio “Gammella”, insignito di una targa da parte del Comune di Battipaglia, ha chiuso dopo oltre 90 anni di attività ininterrotta. «Tutti allungavamo la manina al bancone, da bambini, in attesa di una mozzarella».
«Tutti allungavamo la manina al bancone, da bambini, in attesa di una mozzarella. Un riconoscimento alla famiglia per aver portato il nome di Battipaglia nel mondo intero», commenta così la sindaca Cecilia Francese all’indomani della consegna di una targa di riconoscimento allo storico caseificio “Gammella“.
Era nascosto in un vicoletto di fronte a piazza Amendola, ma lo conoscevano tutti perché realizzava una delle mozzarelle più buone di Battipaglia. Oltre novant’anni di storia che hanno contribuito a farne un simbolo della Piana del Sele. E da oggi pure una targa di riconoscimento. Su proposta dell’assessore Pietro Cerullo, infatti, è stata consegnata una targa allo storico caseificio “Gammella”.
Lo scorso 31 gennaio, s’è arreso Nunzio Gammella. Non ha proseguito più l’attività iniziata dal padre nel 1928, quando Battipaglia ancora non era “Comune”. «Io e mio fratello Lorenzo proseguimmo l’attività quando papà morì nel 1972. Poi, nel 1984, Lorenzo è venuto a mancare e ho continuato da solo fino al 1994» spiega Nunzio, che gli ultimi 26 anni nel caseificio li ha trascorsi al fianco della moglie Lucia Arezzi. «È un lavoro faticoso – dice Lucia – che richiede davvero grandi sacrifici. In più, con tutti questi spacci che hanno aperto e l’avvento dei tanti supermercati, la vendita al dettaglio è stata uccisa dalla grossa distribuzione».
La decisione di chiudere per sempre, è arrivata circa un mese prima dell’avvento del Covid-19. Forse è stato più dignitoso così, chiudere prima della tempesta. «Abbiamo chiuso nonostante avessimo superato due crisi: quella del 2007 e quella del 2015. Inutile nascondere che è stata una scelta sofferta. Ci abbiamo messo diversi mesi per smaltire la delusione ma non avevamo altre opzioni» prosegue Lucia, che conclude spiegando quanto amassero il loro lavoro: «Ci mettevamo la stessa passione tutti i giorni. A volte capitava che la mozzarella non venisse buona e decidevamo di non venderla. Ecco perché, ancora oggi, quando usciamo per strada ci fermano per farci i complimenti».