Costruire i propri sogni anche quando fuori il mondo fa paura. Intervista al ballerino battipagliese Gerardo Fimiani
C’è chi per costruire, passo dopo passo, la casa dei propri sogni, lavora duro, fa sacrifici, annegando tra le gocce delle lacrime e del sudore. Lotta anche quando le cadute fanno male, sbucciano le ginocchia e annientano tutte le ultime energie. Ma il richiamo della passione sa essere troppo forte, e anche dopo le più grandi delusioni. Il sogno di Gerardo Fimiani, fatto di danza e quello Schiaccianoci che per primo gli conquistò il cuore e la mente, nasce e fiorisce tra le vie di Battipaglia. Scopriamone di più.
– Gerardo e la danza. Come è partito tutto?
Avevo quattro anni e mia madre era in dolce attesa di mio fratello. Al televisore davano “Barbie e lo Schiaccianoci” e rimasi incantato, soprattutto dalla scena finale. Scoccò immediatamente la scintilla. Ero troppo piccolo per ricordare, ma mia madre, con gli anni, mi disse che allora volevo diventare a tutti i costi il principe di quella pellicola. Da quel momento ballai in salotto in ogni momento, una volta mi fratturai anche un polso.
– È poi arrivato l’approdo in una scuola di danza?
Avevo timore del giudizio altrui, ma i miei genitori credevano in me e mi spinsero a studiare per apprendere sempre più di questa arte. La mia prima insegnante fu Stefania Giangrasso, e ricordo di avere, all’epoca, molta ansia. Fu un vero e proprio trauma e provavo vergogna. All’ingresso della scuola però c’era proprio un quadro dello Schiaccianoci. Lo lessi come un segno del destino.
– E fu così che cominciò tutto…
Non sono mancate però le brutte notizie. Avevo circa 10 anni quando la mia prima insegnante decise di chiudere la scuola. Avevo costruito un forte legame e fu una brutta batosta. Avevo addirittura deciso di smettere, ma i miei genitori mi diedero la carica per proseguire. Fu così che per mesi andai alla ricerca di una nuova scuola di danza, e finii per conoscere l’insegnante Katja Marotta. Fu amore a prima vista.
– Come ricordi gli anni sotto la guida di questa nuova insegnante?
Il lavoro fu duro. Mi trovavo piuttosto indietro, tecnicamente parlando, ma in pochi mesi l’insegnante riuscì a rivoluzionare il mio approccio, sia fisico che mentale, alla danza. Mi mise alla prova con importanti stage formativi, con personalità del calibro di Claudia Zaccari, prima ballerina dell’Opera di Roma, insieme al marito Dominique Portier, ballerino dell’Opera di Lione. Con Guy De Bock, maestro di modern contemporary, Marc Aurelio, insegnante di flamenco, e Teresa Autuori, insegnante di hip hop. Stage che mi hanno dato la possibilità di assumere una certa versatilità.
– Un ricordo positivo insomma, sotto la guida della maestra Marotta.
Con lei ci fu una crescita costante. Mi spinse sempre oltre con l’assegnazione di variazioni o pas de deux.
– E poi?
Era il 2016, anno precedente al conseguimento del mio diploma. Crebbero le responsabilità, come un importante passo a due di repertorio classico estratto da “La Esmeralda”, da presentare al saggio di fine anno. L’anno però finì con una seconda batosta.
– Cioè?
La scuola venne chiusa. Rispetto alla prima volta che ho vissuto un’esperienza simile ero più maturo. Sono stato in questa scuola, quella dell’insegnante Katja Marotta, fino all’ultimo, tra un pianto e l’altro aiutando anche a rimuovere tutta l’attrezzatura, prelevando qualche piccolo ricordo. Ne approfitto per fare delle scuse: ero in ottica diploma, che avrei dovuto ottenere l’anno successivo, e mi sentii abbandonato all’ultimo gradino del percorso, con il peso di dover in qualche modo ripartire da zero. Tuttavia questo momento di crisi, con l’insegnante, è stato poi superato.
– Sei riuscito poi a trovare una nuova scuola per conseguire il diploma, giusto?
Sì, incontrai l’insegnante Nunzia Furlan, con cui ci fu un approccio diverso. Non è mai stata un tipo di insegnante amorevole: lei era la maestra, io l’allievo. Fuori dalla scuola però capitava spesso di trovarci a parlare del più e del meno. Anche lei ha contribuito alla mia crescita, dandomi la possibilità di studiare con Antonello Apicella, ancora oggi un insegnante, ma anche un amico. Con Daniel Abruzzese, Stefano Vagnali, Luigi Pagano e Olimpia Milione, che fu anche la mia accompagnatrice al diploma. Mi ritrovai anche con Claudia Zaccari. A lei devo dire grazie, anche perché mi portò al diploma proprio con lo “Schiaccianoci”.
– Alla fine la tua formazione s’è conclusa proprio come la passione iniziò. E poi cosa è accaduto nella giovane carriera di Gerardo Fimiani, pronta a spiccare il volo?
Il giorno dopo il diploma iniziai a risentire di mancamenti fisici. Scoprì di aver contratto la mononucleosi. Erano previste alcune ospitate in Galà regionali ma tutto rimase per un mese congelato. Una volta archiviata questa pagina, non troppo tempo dopo, ci furono altri intoppi fisici, portando il mio periodo di inattività a due mesi e mezzo, tantissimi per un ballerino.
– Momenti buio che hanno poi lasciato spazio alla luce, no?
A settembre del 2018 feci delle audizioni con la maestra del Teatro San Carlo di Napoli, Pina Testa, e con sua figlia Fortuna Capasso, che ebbero esito positivo. In quel mese entrai così a far parte della loro compagnia, di cui ancora oggi faccio parte. Altra soddisfazione è arrivata poi, dopo aver conseguito il diploma, sempre dall’insegnante Nunzia Furlan, che mi assegnò una sua allieva da accompagnare al diploma di fine anno.
– Ma è vero che un percorso nel mondo della danza, che sia fruttuoso e con risultati alla portata, debba partire da piccoli e non in un’età più matura?
È consigliabile partire da giovanissimi. In età adulta potrebbe più diventare un hobby. In molti dicono che un percorso di questo tipo sia inutile, ma è in questa maniera si apprende la disciplina e non solo. Entrare nell’ottica della danza significa entrare anche in quella dell’educazione e del rispetto, aiuta il bambino a maturare più in fretta. A volte i genitori credono di limitarsi a pagare un vestitino o delle scarpette, ma in realtà pagano ben altro.
– La pandemia però ha dato un duro colpo al settore…
Forse a causa della crisi economica scaturita dalla pandemia, forse a causa della svogliatezza, figlia della sedentarietà di questi ultimi tempi, il mondo della danza ha subito un grosso colpo. Sia le piccole realtà che i grandi teatri.
– Ora che la pandemia sta gradualmente indietreggiando, ti senti di fare un appello ai genitori ancora spaventati?
Spronate i vostri figli, iniziateli allo sport in generale, non soltanto alla danza, perché si tratta di salute e benessere fisico ma soprattutto mentale. Facciamo capire ai bambini che la vita è tanto altro, non soltanto quello che abbiamo vissuto fino ad oggi. La ripresa è dura, tra problemi economici e paura, anche se più volte è stato dimostrato come le palestre e i centri sportivi siano assolutamente sicuri. Lì la tutela della salute è sempre stata una prerogativa.
– All’inizio dell’intervista hai parlato di un certo timore del pregiudizio che avevi ad approcciarti alla danza. Ti è mai capitato di incontrare sul tuo cammino ignoranza o cattiveria per la tua passione?
Ho sempre temuto il pregiudizio, però ho sempre trovato curiosità da parte dei miei compagni, mai scherno o insulti. Trovo sia una cosa piuttosto rara e mi sento grato per questo.
– Che sogni coltiva, oggi, Gerardo Fimiani?
Quattro anni fa il mio sogno era quello di essere un bravo ballerino. Ad oggi non credo che lo sarò mai. Non mi vedrete mai alla Scala o in TV, ma ho studiato e sto studiando per diventare un bravo insegnante. Con la fantasia, che sin da piccolo non mi è mai mancata, spero di poter affiancare all’insegnamento anche una buona predisposizione alla coreografia.
– C’è qualcuno a cui devi dire grazie per ciò che sei diventato oggi?
Colgo l’occasione per ringraziare Fortuna Capasso. Forse lei non lo sa, ma mi ha salvato in un momento di profonda debolezza emotiva, dandomi la possibilità di affiancarla nella sua scuola salernitana. Mi sento onorato a poter crescere ancora al suo fianco. Ci tengo a ringraziare anche Claudia Del Mese, che ancora oggi crede in me ed è al mio fianco per costruire, insieme, i nostri sogni.