A 92 anni, la donna di Rignano sull’Arno ricorda come se fosse ieri le brutalità alle quali ha assistito quando aveva 17 anni
Il dolore è vivo nella sua voce, la rabbia segna ancora oggi il racconto di quelle ore. Ospite di una manifestazione organizzata ad Eboli, Lorenza Mazzetti, 92 anni, rievoca il trauma vissuto quel 3 agosto del 1944 a Rignano sull’Arno quando, davanti ai suoi occhi, i nazisti uccisero la sua famiglia. Lorenza e sua sorella gemella Paola erano state adottate da Robert Einstein, cugino di Albert Einstein, e sua moglie Cesarina Mazzetti (detta Nina), sorella di Corrado Mazzetti, il padre dell’autrice de Il cielo cade.
I giorni infernali
Aveva solo 17 anni quando fu, suo malgrado, spettatrice di quegli atroci avvenimenti: «Una storia traumatica, la cosa più spaventosa che possa succedere… – sospira – Provate a immaginare delle persone che stanno chiacchierando, in maniera spensierata, nella loro casa. Arrivano dei tizi in divisa e decidono che devono morire».
Nella tenuta di Rignano sull’Arno, Lorenza ha vissuto la sua infanzia ma anche l’orrore che la segnerà per la vita: «Una squadra delle Ss trucidò mia zia e le mie cugine, Annamaria e Luce. Io e mia sorella siamo sopravvissute, ci hanno risparmiate».
“Io e mia sorella siamo state perdonate perché non ci chiamavamo Einstein”
Pochi giorni prima della strage, i tedeschi si recarono alla villa chiedendo dello zio Robert; l’uomo venne convinto ad andare via. A quanto pare l’intento dei nazisti sarebbe stato quello di colpire negli affetti il fisico Albert Einstein, di origine ebraica, divenuto simbolo dell’opposizione antinazista in America.
«Ci rinchiusero dentro una stanza – ricorda Lorenza – e poi uccisero solo coloro che portavano il cognome di Einstein. Mia zia, che per me era una mamma, e le sue due figlie furono ammazzate. Io e mia sorella siamo state perdonate perché non ci chiamavamo Einstein».
Prima di lasciare la villa, i tedeschi appiccarono un incendio: «Sono andati via bruciando la casa. Io e mia sorella scappammo nelle campagne dintorno. Alcuni contadini ci hanno accolto, ci hanno dato un letto, una stanza dove dormire. Ricordare quei momenti è straziante, un dolore immane. È atroce, inaccettabile. E non è accettabile perché è una cosa che non ha senso». Il dolore per la tragedia fu così forte che Robert Einstein, un anno dopo la strage, si tolse la vita.
«Avevano fede, pensavano che queste cose non potessero accadere. Pensavano non fosse possibile si andasse a casa di una famiglia che non ha fatto nulla di male e si ammazzassero persone. Non posso non essere arrabbiata per quanto è successo, non posso proprio non esserlo».
Il dopoguerra
Nei primi anni ’50 Lorenza si trasferisce a Londra per lasciarsi la tragedia alle spalle. Nella capitale britannica fonda il Free Cinema Movement con Lindsay Anderson, Karel Reisz e Tony Richardson; come cineasta realizza i film K e Together.
Nel libro Il cielo cade (Premio Viareggio 1962), Lorenza sviscera il dramma che l’ha colpita; seguono poi Con rabbia, Uccidi il padre e la madre e Diario londinese.
Tornata in Italia si dedica anche alla pittura: con Album di famiglia, espone 80 dipinti che illustrano le vicende de Il cielo cade; con A proposito del Free Cinema, espone ritratti dei personaggi chiave del cinema inglese degli anni ’50 e ’60.
A Campo de’ Fiori, a Roma, fonda il Puppet Theatre, un teatro di burattini per bambini. A lei è dedicato il documentario Perché sono un genio! Lorenza Mazzetti, realizzato da Steve Della Casa e Francesco Frisari.
“Non posso non essere arrabbiata per quanto è successo, non posso proprio non esserlo”