Io c’ero, miei affezionatissimi. La nostalgia non rende giustizia a quegli anni. Tutte frottole, fidatevi: contano i danari. Senza danari non si fa calcio. Certo, soldi e competenza, ovvio! Ebbene, Bruno Pastena decise cacciare soldi e metterci competenza. La mia è una generazione senza sogni, amici, poco da aggiungere. Eppure ci sembrava tutto diverso. La Battipagliese di Pastena significò due cose: un po’ di gioia e un po’ di orgoglio pallonaro. Stupido orgoglio, per Bacco, perché si parla pur sempre di pallone. Ah, quanto vi sbagliate: non avete mai avuto 15 anni?
La promozione in C1
Eccolo. Appollaiato in cima al Pastena vedo finalmente arrivare l’autobus del Matera. Voci non confermate si erano diffuse in tribuna: l’aereo del Matera si era schiantato all’altezza dell’aeroporto di Eboli. Forse a Campagna! Invece eccoli lì, dopo quasi un’ora di ritardo. Siamo più di 5000 e i gradoni bui per arrivare in cima alla tribuna li ho fatti alla Zeman. I tifosi del Matera sono due. Lo striscione “Complimenti per la C1” che srotolano strappa applausi e consensi. Volano Borghetti e noccioline e abbiamo tutti una bella copia di “Spunti&Appunti”. Segnano Ambrogioni e D’Antò. C1 siamo.
La tribuna del Pastena è un convivio di saggi. Si imparano cose importanti: la professione della moglie del direttore di gara è argomento molto gettonato. Tanti sono i consigli per l’allenatore, molti dei quali riguardano cure psichiatriche. I nostri calciatori, a detta dei più esperti, sono soliti intrattenersi con prestanti camionisti di passaggio. Si parla come se ci si conoscesse per davvero e un attempato signore mi spiega come l’arbitro dovrebbe assolutamente evitare di cacciare il nostro Mister, il quale, una volta espulso, potrebbe facilmente raggiungere la consorte del primo e con ella brindare a Venere.
L’odore dell’erbetta
Il tunnel del Pastena ricorda una sala operatoria e siamo tesi come se fossimo delle cavie. Passa De Florio di fianco a noi e il rumore dei tacchetti sulle mattonelle pare una mitragliatrice. Raggiungiamo Chiancone che trottigna sornione:”Ragazzi, se stiamo vincendo cercate di andare piano. Molto piano”. Saliamo le scale con i giocatori e scorgiamo pian piano le bandiere, la polizia e i giocatori in un crogiuolo di colori e suoni che ci ubriaca peggio di un Angelo Azzurro. Gerardo Di Franco ci chiede qualche informazione su D’Antò, il quale tuttavia non gioca. Poco importa se gli HRUB provano a fare il tiro a bersaglio e una cesoia (sic!) mi sfiora il cranio nell’intervallo. Saluti alla Turris.
Il Pastena è una delle costruzioni più orribili che io abbia mai visto. Sembra una sezione evacuata della centrale di Chernobyl. Brutto. La scienza però ha ben dimostrato come in amore contano i ferormoni e io l’odore dei trifogli del Pastena lo tengo ancora nelle narici. Quando Mister Pecoraro chiamò a casa per farmi fare da raccattapalle, il mio sguardo non lasciò possibilità di negazione a mio padre. Sì amici, perché la C1 all’epoca per noi era un miraggio incredibile: temevamo di abbeverarci e scoprire fosse sabbia. Quel sapore muschiato della nostra erbetta bagnata è diventato il sapore della nostra adolescenza, anch’essa fradicia come se avesse appena piovuto.
Mozzarelle e leucemia
“Battipaglia? Ah mozzarelle e leucemia!”. Non dite di no, avete i capelli bianchi. Era così. È così. Eppure per un piccolo insignificante lustro la figurina della Battipagliese non era più solo un lucente scudetto, c’era anche la foto della squadretta e per noi ragazzetti significava tutto. Stolti? Beh, ovvio, chi non lo è a quell’età? D’altra parte di cosa si dovrebbe vivere a 15 anni? Suvvia, amici, ammettetelo: c’eravate anche voi su quei gradoni sporchi. Adesso non ci sono nemmeno più quelli sui quali fuggire per un paio di ore.
Non c’è più il profumo dell’erbetta, non c’è più l’afa della prima di campionato, niente Borghetti e niente “L’estate sta finendo” piazzata da Rossomando. È tempo di diventare adulti. Adesso che se ne è andato anche Bruno Pastena, gli anni novanta di Battipaglia volano via una volta per tutte e con loro la nostra bella età. Tutta questa logorrea serve solamente per salutarlo, io che non conosco nemmeno il suo volto ma che l’ho sempre chiamato “il nostro Presidente”. Salutarlo e dirgli grazie, per averci fatto divertire un po’, mentre nella vita vera eravamo immersi in cortei contro alla discarica et affini.
Io tifo Battipagliese
Le domande tipiche delle estati di fine anni ‘90 erano 3. Andando “al paese” dai parenti:”Tè post a fà ’ammor? (dialetto Auletta, “ti sei fidanzato?”)”. In uno sperduto bucolino paesino:”A chi appartieni? (dialetto cilentano generico, “Non ti ho mai visto, di chi sei figlio e/o nipote?”). I miei mi scorrazzavano in burlosi villaggi vacanze e lì la pressione sociale generava la fondamentale domanda:”Per chi tifi?”. “Per la Battipagliese!”. “Sì vabbè, ma io dico Juve, Milan, Inter…”. “No, io tifo per la Battipagliese”.
Bruno Pastena se ne è andato ma ci ha fatto un regalo. Il regalo è quella risposta. Il regalo è quella frase: io tifo Battipagliese! Sì, siamo sciocchi, lo so. Come al solito perdonateci, voi che avete ben altro a cui pensare, ma la vita scappa via e non abbiamo il tempo per spiegarvi la differenza tra prosa e poesia. Semplicemente grazie Presidente, il nostro regalo di arrivederci per Lei lo conosce già, perché è lo stesso di cui sopra: NOI TIFIAMO BATTIPAGLIESE!