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La vicenda dei tamponi si tinge di giallo. Nell’intervista pubblicata ieri sul nostro giornale, il consigliere comunale Luigi D’Acampora aveva fatto emergere alcune incongruenze. Dai test mai inviati al ‘Cotugno’ ai secondi tamponi di verifica spariti. Ma l’affare sembrerebbe più grande: dietro lo screening di massa avviato in Campania, fanalino di coda in Italia per numero di test eseguiti in rapporto alla popolazione, ci sarebbe un accordo tra privati e Regione.

Occorre più d’un passo indietro per fare luce su una vicenda che di ombre ne presenta tante. Partiamo dallo scorso dicembre (2019) quando del Covid-19, in Italia, se ne parlava ancora spensieratamente. In quel mese, però, il centro Ames di Casalnuovo si aggiudica una gara dal valore di 750mila euro per le analisi sui campioni riguardanti la Terra dei Fuochi. Quattro mesi più tardi, precisamente il 25 marzo, viene sottoscritto un contratto tra l’Ames e l’Istituto Zooprofilattico di Portici. Niente più analisi sulla Terra dei Fuochi, ma 750mila euro nelle casse dell’Ames e via con i tamponi a tappeto.

Combinazione vuole che, il giorno seguente (26 marzo), nei report serali della Regione Campania cominciano a essere inseriti anche i dati dell’Istituto Zooprofilattico. Che intanto è stato riconosciuto dal Ministero della Salute, insieme ad altre 11 strutture campane, come idoneo a eseguire i tamponi.

Stando a quanto si legge sul quotidiano La Repubblica, in un’inchiesta a firma di Conchita Sannino, “la Procura avrebbe aperto un’inchiesta chiedendo alla polizia giudiziaria delle immediate verifiche“. Un filone d’inchiesta, voluto dal procuratore Giovanni Melillo, che non riguarderebbe solamente questo aspetto.

Succede pure, infatti, che la Soresa, società che si occupa delle spese sanitarie per conto di Palazzo Santa Lucia, indice un bando lampo della durata di 20 ore per reclutare laboratori privati e avviare lo screening di massa. In Campania c’è fretta. Il numero dei tamponi è troppo basso e c’è bisogno di farne tanti e subito.

La gara, al ribasso e presentata come un’indagine di mercato, si chiude il giorno dopo. Secondo la determina n.151 del 5 aprile i vincitori sono il laboratorio Cesare Pandolfi di Napoli, il CMO di Torre Annunziata, l’S.D.N. di Napoli e il centro Ames di Casalnuovo. Ed è nei locali di Casalnuovo che l’istituto di Portici svolgerebbe le analisi. Come spiega il direttore generale Antonio Limone a La Repubblica: “L’Ames si è messa a disposizione in maniera gratuita“. Non c’è scopo di lucro, dunque, ma solo filantropia (verrebbe da pensare).

Dell’accordo economico tra l’istituto e il centro di Casalnuovo, la Regione era al corrente. Nello De Rosa, manager dell’Ames, dice che “In Regione sapevano tutto. Noi abbiamo messo a disposizione locali, macchinari, strumentazione e sì, certo, anche la nostra forza lavoro, abbiamo bravi tecnici. Poi l’Istituto firma i referti“. Una versione discordante con quella della Regione che parla di “una semplice requisizione dei locali“.

TAMPONI: IL CASO BATTIPAGLIA

Ma arriviamo al caso Battipaglia. Il 15 aprile, nel Salotto Comunale, si avvia il primo screening di massa in Campania. I tamponi li esegue lo zooprofilattico. Prima il test seriologico e poi il faringeo. Risultano sette positivi. La sindaca dice che i test saranno inviati al Cotugno per conferme, ma questa cosa non avviene. Tant’è che nei giorni seguenti, i sette positivi sarebbero stati sottoposti nuovamente al test da parte dell’istituto insieme ai familiari. Poi, nessuna comunicazione. Tra i sette positivi, però, c’è anche il consigliere D’Acampora che non è convinto e decide di fare due test di verifica all’ospedale di Eboli. Esito: negativo. Scoppia il caso. Che fine hanno fatto i secondi test? E perché i primi non sono mai stati inviati al Cotugno? Non è ancora dato saperlo. Di certo c’è un negativo in quarantena. E il forte sospetto che anche gli altri sei lo siano.

RISPOSTE DAL COTUGNO E DALLO ZOOPROFILATTICO

E dal nosocomio napoletano, il dottor Luigi Atripaldi ci spiega: «Stando alle circolari del Ministero tutti i centri autorizzati devono essere validati con un certo numero di tamponi. Se ne inviano una quindicina, e si confermano al ‘Cotugno’. Da quel momento si è autorizzati». Ma Atripaldi ci dice che, al ‘Cotugno’, dei test dello zooprofilattico non v’è traccia: «Fino a qualche giorno fa nell’elenco non c’erano, non so se in questi giorni hanno avuto una diretta autorizzazione». Ed è una versione che coincide con le risposte date a La Repubblica nell’intervista del 23 aprile.

Il dottor Antonio Limone, però, direttore dell’istituto di Portici smentisce: «Voglio chiarire questa storia del Cotugno. All’inizio abbiamo chiesto via telefono se potevano avviare un’attività di valutazione del laboratorio ma ci hanno risposto che non avevano tempo. Atripaldi scrive sciocchezze, noi abbiamo l’autorizzazione dal Ministero della Salute che ci finanzia anche. Noi lo abbiamo informato sui macchinari, sui locali, e su come lavoriamo».

Ma sui famosi secondi tamponi di verifica, taglia corto: «Non so di che parla lei (al giornalista, ndr), noi i test li inviamo all’Asl che successivamente comunica i risultati. Non esistono tamponi che facciamo e di cui non diamo il risultato, ma non voglio entrare in questa polemica».

TAMPONI: ANCHE LA POLITICA CHIEDE LUMI

Su questa grossa vicenda non ci sono solo gli occhi della Magistratura. Perché pure dal mondo della politica si chiedono lumi. Potere al Popolo denuncia l’accordo da 750mila euro tra Ames e l’Istituto Zooprofilattico, e in una nota stampa sottolinea quanto sia loquace la dichiarazione di Limone a Repubblica: “In tempi di Covid cos’è nella norma?“. La consigliera regionale Valeria Ciarambino rincara la dose chiedendo di fare luce sia su questo famoso accordo, sia sul bando lampo indetto dalla Soresa, durato 20 ore, e che prevede 500 tamponi al giorno, a differenza del tetto fissato a 100 nelle altre regioni. E il senatore Antonio Iannone, di Fratelli d’Italia, lo scorso 8 aprile ha pubblicato un’interrogazione in Parlamento dove fa menzione di tutte le incongruenze chiedendo ai ministri di intervenire.