Il grido dei lavoratori risuona tra le mura del Salotto comunale ed arriva forte e chiaro alle orecchie delle istituzioni, che siglano un’intesa bipartisan
Doveva essere l’assemblea sui rifiuti, ma l’irruzione dei lavoratori licenziati cambia le carte in tavola. Con le bandiere tra le mani, i dipendenti Treofan arrivano a mezzogiorno, poco dopo il vicepresidente della giunta regionale, Fulvio Bonavitacola.
Il blitz
Il pubblico accoglie tra gli applausi i guerrieri, che strillano i cori cantati per più di 5 settimane, all’ombra di un gazebo. «Dobbiamo raccontare ai nostri figli che 37 giorni non sono serviti a nulla?», gridano. «È la sconfitta dello Stato», che ha ceduto alla multinazionale, la Jindal, che nel venerdì nero, ha ratificato il licenziamento collettivo.
«Non trattateli come persone normali: sono dei criminali», tuona Antonio Glielmi, un rappresentante sindacale: al suo fianco ci sono Antonio Apadula, Gerardo Giliberti, Alessandro Antoniello e Rosario Di Bartolomeo, segretari provinciali di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil ed Ugl chimici: «Stiamo organizzando un grande sciopero generale», annunciano, ma prima c’è «da annullare la procedura di mobilità», perché «lo Stato siete voi, e potete farlo».
Il convegno rimandato
Lo dicono a Bonavitacola, alla sindaca Cecilia Francese, al presidente del Consorzio Asi, Antonio Visconti, ai parlamentari a 5 stelle Franco Castiello, Nicola Acunzo e Cosimo Adelizzi, al leghista Gianluca Cantalamessa, Federico Conte di Leu e Antonio Iannone di FdI, venuti in città per parlare di rifiuti.
Prima che gli attivisti del comitato Battipaglia dice NO, facessero un passo indietro: «Annulliamo l’iniziativa, la rinviamo, – dice il referente Cucco Petrone – perché la vostra disperazione deve diventare anche la nostra». Bonavitacola parla a nome della giunta regionale: «Non è accettabile che un’azienda dal mercato solido sia oggetto di questo spezzatino», dice.
«Nella logica delle multinazionali siamo puntini su un pezzo di carta», aggiunge, ma qualche operaio s’infuria: «Perché lo fanno qui e non in Germania?». E Bonavitacola prosegue: «Dobbiamo difendere i posti di lavoro, anche qualora non riuscissimo a spuntarla su questa multinazionale». Alla fine propone di passare ai fatti, «perché finora si è fatta tanta solidarietà senza affermarsi in modo concreto».
Il documento
E si sale al piano di sopra per un vertice monotematico multicolore, voluto proprio da Bonavitacola, che tiene il pallino della riunione.
Ci si accorda su un documento di dieci punti: è basato sulla «piena solidarietà ai lavoratori» e sull’«annullamento della procedura di licenziamento», e poi si richiede alla Regione «di verificare gli obblighi in capo alla Treofan alla luce del contratto di programma già approvato», ci si impegna, su richiesta della sindaca, «ad aprire una riflessione sul territorio dell’intera Piana per agevolare investimenti e realizzazione di infrastrutture per il rilancio del territorio» e si ratifica «l’appoggio allo sciopero generale di tutti i settori produttivi, che sarà proclamato dalle organizzazioni sindacali, affinché la vertenza Treofan sia l’inizio di un’azione più vasta».
Il nodo Puglia
Al vicepremier, Luigi Di Maio, ed al suo Mise non soltanto si richiedono «urgenti interventi normativi di contrasto all’acquisto di aziende industriali, anche sotto il profilo delle norme Antitrust e Consob», ma si domanda anche «di estendere il tavolo tecnico, che va ripreso, pure alla Regione Puglia, perché proprio il suo accordo di programma con la Jindal è causa della soppressione dell’unità produttiva Treofan di Battipaglia».
Comune e Regione interpellano Michele Emiliano, numero uno della Regione Puglia, che con un accordo di programma, firmato nel 2017, aveva concesso 12 milioni di euro alla Jindal per ampliare il sito di Brindisi ed assumere altri lavoratori.
La lettera
«Sovraccapacità produttiva», era la motivazione della Jindal per giustificare lo stop alla Treofan di Battipaglia: l’accordo sull’Adriatico finisce nel mirino dei campani, e la Francese lo ha scritto in una lettera inviata ad Emiliano, Di Maio, De Luca e Vincenzo Boccia di Confindustria, chiedendo a Mise e Regione Puglia «di verificare che sussistano tutti i requisiti dichiarati da Jindal, al fine di evitare che le risorse pubbliche siano utilizzate da gruppi esteri per operazioni di cannibalismo finanziario sul territorio nazionale, utilizzando finanziamenti pubblici per generare sovracapacità produttiva e distruggere realtà produttive fiorenti solo per accaparrarsi fette di mercato non diversamente acquisibili». La Francese urla: «È anarchia di mercato, è ricatto del lavoro».
La legge Pernigotti
E a farla da padrone sono le multinazionali: «Stiamo lavorando a soluzioni legislative che possano evitare fenomeni simili – spiega Adelizzi (M5S) – ed il caso Treofan finirà nel disegno di legge Pernigotti». Il deputato grillino ha firmato il documento di Bonavitacola, ma lo ha fatto col naso turato: «Firmo per coerenza, ma mi ricorda la vecchia politica, perché chi si doveva impegnare avrebbe dovuto farlo prima, e non arrivare a stamattina senza saperne nulla».
Con lui hanno sottoscritto l’atto pure il deputato Acunzo ed il senatore Castiello, che ha spiegato: «Il Governo è al lavoro, ma sono passaggi complicati, perché di Maio chiama Moavero, che contatta l’Ambasciata, che richiama la proprietà; non sono cose che si fanno in mezz’ora».
E poi, oltre alle firme di Francese e Bonavitacola, di Visconti e dei sindacati, c’erano quelle di Conte (Leu), per il quale «Jindal ha mancato di rispetto al Governo e Di Maio deve intervenire», e di Iannone, «perché sui temi che riguardano il bene del territorio, Fdi è pronto ad unirsi con chiunque».
Non era a Battipaglia il forzista Gigi Casciello, che ha rimarcato «la necessità di un piano B» ed ha fatto sapere di «aver chiesto al prefetto Francesco Russo l’istituzione di un tavolo permanente».
Al presidio
Il tempo di una riunione lampo nella stanza del sindaco, a parlare di rifiuti: poi ci s’infila in auto e si corre al presidio. Bonavitacola, Francese e gli altri consegnano il documento ai lavoratori, radunati attorno al fuoco: sono feriti, ma le fiamme cauterizzano. E riaccendono la battaglia.