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di Paolo Vacca e Valerio Calabrese

Come stanno vivendo quest’emergenza Coronavirus i battipagliesi all’estero? Abbiamo raccolto alcune testimonianze di concittadini emigrati. Da Londra a New York ecco il racconto dei “fuori sede”.

LONDRA

«Qui vogliono fare di testa loro, come al solito, ma noi siamo spaventati conoscendo la situazione in Italia». Nelle parole di Lucio Fiorillo, operatore finanziario a Londra, si avverte tutta la preoccupazione che in questo momento stanno vivendo gli italiani residenti in Inghilterra. «Hanno scelto una strada diversa, quella dell’immunità di gregge, ma non credo abbiano ben chiara la situazione. Gli inglesi si fanno poche domande – spiega Lucio – perché seguono le regole in maniera ferrea. Noi italiani, che viviamo qui, abbiamo avuto un approccio più critico e chi ha potuto si è messo in auto-quarantena, evitando palestre, spazi affollati. Ma posso confermare che qui è tutto aperto, le strade sono affollate».

Insomma, nel Paese della Regina c’è ancora poca coscienza di ciò che sta accadendo, ed è questo che spaventa il battipagliese Lucio: «Ho sentito amici che si sono letteralmente chiusi in casa. Li capisco perché qui ciò che ci spaventa di più è notare come la situazione non sia sotto controllo. Non ci sono direttive, è tutto lasciato un po’ al caso».

NEW YORK, SAN FRANCISCO E TEXAS

E dal nuovo continente, altri due battipagliesi manifestano tutta la loro preoccupazione. Marco Gallotta, artista affermato nella ‘grande mela’, ci racconta come a New York la situazione sia stata presa inizialmente sottogamba: «Inizialmente, a causa dell’atteggiamento del presidente Trump, molti tendevano a minimizzare l’accaduto. Adesso la psicosi si sta diffondendo e le strade sono decisamente vuote. Le metropolitane poco affollate negli orari di punta, i ristoranti e le scuole chiuse. E gradualmente credo che si arriverà a una situazione simile all’Italia». Marco, che era a New York anche durante gli attentati dell’11 settembre, ci spiega le analogie: «Sono due situazioni diverse, ma la paura che si avverte è la stessa. New York è una città frenetica, non ci si ferma mai sul lavoro, ora stanno tutti un po’ rallentando. E mi sembra di rivivere quei momenti quando il Paese era scosso. La preoccupazione è soprattutto a livello sanitario: il 60% dei posti in terapia intensiva è già occupato, se scoppia come in Italia potrà essere una tragedia».

A metà tra il Canada e gli Stati Uniti, c’è Roberta Maffettone, ingegnere ambientale che vive ad Ottawa ma che adesso si trova in Texas per motivi di lavoro. «Ho deciso di evitare qualsiasi tipo di uscita non necessaria – dice Roberta – e di tutelare me e chi mi sta intorno scegliendo di non tornare in Canada. Quando ho viaggiato due settimane fa, negli aeroporti di Toronto ed Ottawa la gente era tranquilla. C’era affollamento e pochissime mascherine. Ma dopo c’è stato un effetto boomerang dall’Italia».

Roberta ci spiega anche come la pausa primaverile possa risultare pericolosa per gli americani: «In Canada e negli Stati Uniti a marzo c’è una pausa primaverile. Un paio di settimane di vacanza. La gente si sposta molto, sia per andare a trovare le famiglie sia per fare un viaggio. Ed è probabile che in queste due settimane il virus sia circolato molto, visto che sono state antecedenti alla dichiarazione di pandemia da parte dell’Oms. Sono preoccupata per la mia famiglia e per l’impossibilità di tornare a breve».

Sembra più sereno, invece, Pino Pinto che lavora per la Apple a San Francisco: «Le persone non sono spaventate qui, non abbiamo obblighi domiciliari, ma ci hanno incoraggiato a seguire delle regole di base come la distanza di sicurezza, il lavoro da casa per chi può e l’evitare spazi affollati, ma non sembra drammatica la situazione, almeno per ora. Piuttosto, chi lavora nella ristorazione, o comunque alla giornata, chiaramente non avendo soldi per pagare l’affitto è preoccupata. Considerando che San Francisco è la città più cara degli Stati Uniti».

SPAGNA E PORTOGALLO

Anche dalla penisola iberica la situazione non è rasserenante. Emilio Napoli, che a Barcellona gestisce un cannabis club, la definisce un’esperienza “scioccante”. «Vedere trasformare tutto e tutti in così poco tempo è un’esperienza molto toccante. Vedo tanta irresponsabilità in giro, perché molti ancora non credono al rischio che c’è dietro questa pandemia. Io sto rispettando il protocollo, cercando di godermi quelle cose che per via del lavoro prima non potevo». E un’attività ferma, vuol dire necessità di soluzioni: «Qui in Spagna credo che faremo ricorso all’ERTE (Expediente de Regulaciòn Temporal de Empleo): vale a dire licenziamento collettivo con obbligo di ri-contrattare tutti, in modo da usufruire della disoccupazione».

Enzo Marino, ristoratore ad Oporto, in Portogallo, si dice «scosso e incredulo per ciò che sta succedendo». I lusitani contano appena 351 casi positivi, ma nelle prossime settimane potrebbe esplodere anche lì il caso: «Ci sono migliaia di casi sospetti – spiega Enzo – e lo scenario è già come nelle città d’Italia: per strada pochissima gente. Qui c’è un grande senso civico e la gente ha capito che deve stare a casa senza scelte coercitive. Soprattutto noi imprenditori attendiamo con grande ansia direttiva dall’Europa e aiuti per l’economia. Dobbiamo andare tutti uniti in una direzione comune, altrimenti sarà disastro dal punto di vista economico e sanitario. Qui già da venerdì c’è stato un calo drastico delle attività e infatti la maggior parte ha deciso di chiudere e mettersi in quarantena volontaria».

FRANCIA

Da Parigi, Pasquale Paraggio, meglio conosciuto come Mr. Milk, che nella capitale francese si occupa di tatuaggi, ci racconta che è pronto «un coprifuoco molto simile a quello italiano, con controlli della polizia che ridurrà drasticamente la mobilità. La situazione fino a qualche giorno fa era surreale: perché da casa mi arrivavano notizie di disposizioni abbastanza drastiche da parte del governo, qui la vita continuava normalmente. Era davvero strano. Io sono arrivato da poco qui, e mi stavo integrando bene. Avevo trovato uno studio e avrei dovuto realizzare una mostra. Ora i piani sono scombussolati per tutti».