La cosa tragica di questi anni che stiamo vivendo è che nonostante siano passati millenni, siano morte milioni di persone, siano stati scritti migliaia di libri, siano state fatte guerre, rivoluzioni culturali, industriali e tecnologiche, la massa acritica risponde sempre agli stessi stimoli: nazionalismo – nemici – paura – orgoglio – egoismo. Come se il tempo fosse fermo. Come se la storia non insegnasse nulla.
In questi giorni di campagna elettorale c’è stata in ogni parte d’Italia una risposta forte contro la politica promossa da Salvini anche se forse dalle urne il risultato per la Lega sarà comunque lusinghiero. Ed è stato assurdo in questi giorni assistere alle scene in cui la DIGOS entra nelle scuole per reprimere lo spirito critico dei ragazzi poiché la storia non è ciò che se ne va, ma ciò che rimane, dentro il presente. Dentro il nostro quotidiano. La storia è una risorsa e un potenziale, un’alleanza tra temporalità differenti. La storia siamo noi cantava De Gregori, in cui nessuno si deve sentire escluso.
E dà ragione a tutte le lotte svolte in ogni parte del mondo in nome della libertà e queste lotte sono tutte connesse. Le donne curde morte combattendo contro l’Isis sono alleate delle mamme argentine che ancora chiedono di sapere la storia dei loro figli ‘desaparecidos‘. Perché la storia non può avere nascondigli, e chi si oppone alla violenza e alla sopraffazione in una parte del mondo prende allo stesso tempo in prestito e rivitalizza il linguaggio, le strategie e gli ideali di altre persone in altre parti del mondo.
La solidarietà, la pietà cristiana, l’umano conforto richiedono una capacità che è propria dell’uomo, quella di superare l’oppressione, la paura, la meschinità. Così oggi, nel migliore dei tempi possibili, nel tempo della comunicazione globale le nostre lotte sono interconnesse.
Se andiamo otre queste temporalità attraverso le nostre pratiche di solidarietà e le nostre azioni, allora non viviamo più solo nel tempo della nazione, ma viviamo nel tempo della unione tra popoli differenti.
Oggi siamo trasportati dal tempo in un’altra lotta, perché nel mondo della lotta non c’è semplicemente il presente ma c’è tutto il nostro futuro. Levi scriveva che “Ogni tempo ha il suo fascismo” e ad esso si arriva in molti modi. Negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola e diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine.
La strada invece che ci ha condotta al punto in cui siamo ora è fatta di grandi passi.
È fatta di lotte per la libertà.
È fatta dei libri che abbiamo letto.
Della bontà donata.
Della purezza del cuore.
Della voglia di migliorarsi.
Dell’impegno nelle difficoltà.
Del conforto fraterno nelle disavventure.
E ci siamo arrivati avendo come punto di partenza il discorso di Pericle fatto agli ateniesi nel 431 a.c.:
“Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni
ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso,
la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo così”.
Qui in Italia la somma di tutta la cultura classica compendio di tutta l’arte del mondo, dell’arte che installa dubbi, che genera passioni che risveglia le coscienze, dell’arte che crea uomini liberi, qui in Italia dobbiamo fare così: opporci strenuamente all’oscurantismo dei nostalgici di un’ideologia combattuta e sconfitta.