Battipaglia, Festa della Speranza: tra sacro e profano

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La festa della Speranza a Battipaglia ha sempre mischiato sacro e profano, ha sempre contaminato la venerazione della santità con la parte ludica. Battipaglia che ha vita recente, che non ha un centro storico, che ha subito un’urbanizzazione caotica e disordinata, dopo anni di grande sviluppo industriale che l’ha portata a crescere demograficamente e che ora sembra si stia spegnendo lentamente con la politica locale incapace di guizzi e di innovazione, ha nella Festa della Speranza uno dei pochi motivi identitari e perciò è sentitissima dall’intera cittadinanza.

Ed è sempre stata una grande festa che ha coinvolto tanti cittadini, battipagliesi e non. In questi giorni è stato possibile avvertire palpabile il fermento dei preparativi proprio perché da un lato, come negli anni passati, la festa rappresenta il bisogno di interrompere lo scorrere del tempo e la quotidianità degli eventi con momenti di celebrazione religiosa, di gioco e di rito collettivo, e dall’altro perché ricorrono quest’anno i 200 anni dall’arrivo a Battipaglia del quadro della Madonna della Speranza che coincidono coi novant’anni della nascita del Comune di Battipaglia e coi cinquant’anni dei Moti popolari che infiammarono la città.

Si passa dalla festa comandata a quella dilatata, perché come tutte le realtà che toccano il corpo, la gioia di partecipazione ha la sua temperatura e in questi giorni sembra quasi che la vita vada alle sue radici con maggiore profondità, quando la vita da fatto ordinario si fa evento straordinario, e la gioia di viverla da parte dei battipagliesi, che vedono nell’avvento della festa il vero inizio dell’estate, dilata il tempo e si fa festeggiamento che catalizza attorno al rito religioso e al folclore l’unione della comunità: qui si rompono i confini tra sacro e profano per allargare il cerchio dell’appartenenza e della partecipazione.

Ogni battipagliese ha ricordi differenti della festa, e sono legati ai vari stadi dell’età, ci sono quelli in cui si è piccoli, quando si scende di casa alla festa coi genitori o coi nonni e tutto entusiasma, i suoni, i colori, i rumori, l’energia e a quell’età si è gli unici a cui non importa quanto caldo faccia, quello che si vive da adolescenti in modo del tutto spensierato, c’è l’età del rifiuto della festa quando si è trentenni poiché la si considera anacronistica e poi c’è il ritorno alla tradizione, consapevole che il momento identitario è importante perché definisce un prima e un dopo, un elemento di continuità e riconoscimento, dal momento che ciclicamente rinsalda i legami e attribuisce al tempo regolarità e ritorni.

La Festa della Speranza pertanto è un avvenimento che segna le storie individuali e collettive come una sorta di punteggiatura che scandisce il racconto e le biografie di ciascuno. Ognuno di noi ha una riserva di memoria collegata alla festa che ha vissuto e uno spazio interiore di attese e desideri collegati a quello che avverrà in futuro.

Ma è evidente che ognuno dei battipagliesi conserva i ricordi più belli della festa quando si è stati giovani, per quella voce falsata dall’emozione, per gli abbracci goffi, per la musica che pervadeva e accompagnava ogni sensazione di sensi esasperati dall’attesa e dalla speranza e per quando si andava a dormire, soddisfatti di sé, con la bocca che si schiudeva in un sorriso furbo e sognante con la lingua del desiderio, che prometteva un “più” di vita, poiché il domani portato da brillanti stelle era tuo e il futuro lo sentivi scorrere nelle mani e nel cuore della tua giovane anima e pensavi che nulla ti poteva essere impedito o negato. La gioia, attendeva solo di essere afferrata.

Tantissima vita in quella manciata di ore, dove anche Battipaglia si trasforma in un’isola felice capace di dimenticare la fatica quotidiana, lo stress, la frustrazione e la malinconia. Battipaglia che diventa all’improvviso un luogo dalla magia feconda e fertile che tutto rende possibile una volta all’anno.