La sanità a Battipaglia è lo specchio del divario tra Nord e Sud

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In un articolo dell’Espresso di inizio anno si faceva la seguente riflessione: “La distanza fra Catanzaro e Milano la si può calcolare in chilometri, sono 1.159, o in anni di vita in meno, che sono quattro. E in generale la prospettiva di vita in Calabria è molto più simile a quella di Romania o Bulgaria, mentre al Nord si sta come in Svezia“.

Ecco, questo in sintesi è il quadro angosciante, amplificato dalle condizioni del sistema sanitario, che rappresenta in pieno il divario tra Nord e Sud. In questi ultimi giorni, al pronto soccorso di Battipaglia c’è stato un caso di approssimazione, superficialità, sciattezza e disinteresse verso le condizioni di una paziente che di fatto ha rischiato di morire.

Non fosse stato per l’amore del padre e della sorella e del pronto intervento di altri medici avremmo rischiato di piangere una giovane donna per colpa della superficialità.
E di casi come questi tanti di noi li hanno vissuti. Ovunque al Sud si assiste al commissariamento della Sanità, il cui fine è sempre quello: far quadrare i bilanci. E per farlo, in questi anni, si è provveduto chiudendo gli ospedali, riducendo i posti letto e bloccando l’assunzione di nuovi medici e infermieri, insomma sempre a danno del cittadino.

Ma tutti i politici e gli amministratori che si sono avvicendati in questi anni in Campania non hanno invece mai fermato l’apparato gigantesco di potere, fatto di porte chiuse e relazioni clientelari, dove gli spostamenti, le promozioni, le possibilità di carriera sono decise, predisposte e messe in atto quasi sempre e solo secondo logiche politiche. In barba al merito, nella sanità vige la legge decisa dai potentati di turno, dalle cricche più o meno estese che di volta in volta occupano le Asl e usano gli ospedali come luoghi di un feroce spoil system. Feroce perché tutto ricade sulle spalle di noi cittadini, perché intacca il nostro diritto alla migliore cura possibile.

E quando la bravura e il merito restano sulla soglia i casi di malasanità non possono che moltiplicarsi. Quello che andrebbe ricercato, inoltre, è una maggiore empatia e meno arroganza e superficialità, perché un essere umano in ospedale è fragile ed impaurito ed invece il personale medico ha a volte l’abitudine di riferirsi al paziente come se fosse un pacco, per i quali il consenso informato è solo uno strumento per evitare contenziosi legali e nel cui vocabolario il dialogo con il paziente è una voce sconosciuta.

Questa nostra terra è gravemente malata, perché è incapace di riscatto, è afflitta dagli stereotipi, perché ha mille potenzialità che galleggiano nel sottosviluppo dell’assistenzialismo, perché tutto cambi ogni volta affinché nulla cambi, in una situazione fatalista e incivile e autoassolutoria. Ed è arrivata l’ora per tutti noi di smetterla per convenienza di girarci dall’altra parte quando capita una situazione spiacevole come quella occorsa a Battipaglia ed evitare per pavidità di stare in silenzio, in qualunque luogo e in qualunque situazione in cui degli esseri umani siano costretti a subire mortificazioni e sofferenze. Dobbiamo iniziare a schierarci, sempre. La neutralità favorisce solo lo stallo gattopardesco delle cose, mai la possibilità di cambiare.