Toxoplasmosi: tra mito e realtà. Ecco alcuni chiarimenti sui reali rischi per la donna in gravidanza e sull’infezione del gatto.
Cominciamo col dire che la toxoplasmosi è una malattia parassitaria molto nota in quanto può infettare l’uomo ed è particolarmente grave se contratta in corso di gravidanza perché può causare aborto o difetti congeniti acquisiti a carico del sistema nervoso centrale.
L’agente responsabile di tale malattia è il toxoplasma gondii, coccidio intestinale dei felini. Il ciclo biologico del parassita si svolge con il passaggio attraverso un ospite intermedio e uno definitivo. L’ospite definitivo principale è il gatto, e in quest’ultimo si svolge il ciclo intestinale ed extra-intestinale del parassita che va a localizzarsi sotto forma di schizonti e gameti nell’intestino tenue, e sotto forma di tachizoiti e bradizoiti in vari tessuti. L’ospite intermedio può essere rappresentato da tutti i mammiferi, uomo compreso e i volatili. Le oocisti si trovano nelle feci dei gatti infetti, non sono sporulate e misurano 12×10 micron. La sporulazione avviene da uno a cinque giorni dopo l’eliminazione con le feci e ogni oocisti contiene due sporocisti, ognuna delle quali contiene quattro sporozoiti.
L’ospite intermedio si può infettare in due modi: tramite l’ingestione di tali oocisti sporulate dalle quali si liberano gli sporozoiti che rapidamente attraversano la parete intestinale e diffondono per via ematogena raggiungendo vari tessuti quali muscolatura epischeletrica, polmone, fegato, cervello. Nella cellula bersaglio i tachizoiti si moltiplicano all’interno di un vacuolo fino a determinare la rottura della cellula stessa e la fuoriuscita degli stessi che vanno ad infettare altre cellule. Si arriva, successivamente, alla formazione di cisti contenenti migliaia di parassiti caratterizzati da crescita rallentata e detti bradizoiti. Queste cisti rappresentano la forma latente dell’infezione in quanto si crea un equilibrio tra le difese immunitarie dell’ospite e i parassiti per cui la loro moltiplicazione è controllata ma, nel momento in cui viene a mancare tale immunità, le cisti possono rompersi e liberare i bradizoiti che si attivano e riprendono le caratteristiche di invasività dei tachizoiti; l’infezione dell’ospite intermedio può avvenire anche per ingestione di un altro ospite intermedio infetto, in cui sono presenti tachizoiti e bradizoiti. L’ospite definitivo, ossia il gatto, si infetta tramite l’ingestione di ospiti intermedi infetti, soprattutto roditori, nei cui tessuti sono presenti tachizoiti e bradizoiti racchiusi nelle cisti. Una volta ingerita la parete cistica del bradizoita viene digerita e i bradizoiti riprendono il loro sviluppo schizogonico e gametogonico nell’epitelio intestinale con produzione di oocisti dopo 3-10 giorni che vengono poi escrete per una o due settimane. Gli effetti patologici riguardano lo stadio di sviluppo extra-intestinale in quanto i parassiti, localizzandosi in diversi tessuti, possono indurre necrosi in vari organi come miocardio, polmoni, fegato e cervello.
Aspetti patologici e segni clinici nel gatto
Anche se il gatto è frequentemente infetto, non presenta generalmente dei segni clinici molto evidenti. Raramente si possono osservare enteriti, ingrossamenti dei linfonodi meseraici, polmonite e alterazioni del sistema nervoso centrale.
Caratteristiche dell’infezione nell’uomo
Nell’uomo l’infezione può essere acquisita o congenita. Quella acquisita avviene o per ingestione accidentale di oocisti o di bradizoiti contenuti nel tessuto muscolare e nei visceri degli animali infetti. L’ingestione di oocisti, invece, può avvenire anche per contaminazione delle mani durante la pulizia della cassetta del gatto o maneggiando altro materiale infetto come terreno o vegetali. La via principale attraverso la quale avviene l’infezione è l’ingestione di carne cruda o poco cotta. Generalmente le infezioni acquisite non sono sintomatiche, solo in rari casi si può avere febbre, leggero abbattimento del sensorio e linfoadenopatia generalizzata. Si può avere, ma sempre raramente, il coinvolgimento di organi vitali con miocardite, encefalite e retinocoroidite. L’infezione congenita si verifica quando la donna in gravidanza viene a contatto per la prima volta con il parassita poiché, non essendoci una risposta immunitaria efficace, i tachizoiti, attraverso la placenta, possono raggiungere il feto e indurre nel 10% dei casi aborti, morte del feto o danni al sistema nervoso centrale.
Diagnosi
Si basa su indagini sierologiche o sulla rilevazione dei microrganismi nei tessuti di animali da laboratorio con materiale sospetto. I test più impiegati sono l’immunoflorescenza indiretta, ma anche test ELISA che rivelano la presenza di IgG e di IgM . Sono impiegati, attualmente, anche test per il rilievo delle IgA specifiche e tecniche molecolari(PCR). Le prove in vivo si basano sulla inoculazione, attraverso via intraperitoneale o intracerebrale, di materiale biologico sospetto in topi da laboratorio che sono indenni da toxoplasma. In seguito si evidenziano bradizoiti e tachizoiti in strisci di materiale ottenuto dagli organi e dall’essudato peritoneale. Lo svantaggio di tale tecnica è che richiede circa 3 settimane per l’esecuzione.
Terapia
Non esiste nessuna terapia efficace. Solo la clindamicina e la spiramicina vengono utilizzate nei gatti riducendo ma non eliminando l’escrezione di oocisti nel gatto.
Profilassi
Nell’ambiente domestico è fondamentale osservare le norme igieniche ossia lavarsi le mani prima di mangiare, portare i guanti se si lavora in giardino, se si possiede un gatto pulire ogni giorno la cassettina ed è consigliabile che la donna in gravidanza non pulisca la cassettina del gatto. Il gatto, inoltre, non dovrebbe essere alimentato con carni o visceri crudi o poco cotti.
La Toxoplasmosi nel cane e negli altri animali domestici. Il cane si può ammalare e può manifestare una sintomatologia nervosa con convulsioni e movimenti in circolo, problemi nella deambulazione e cecità.
Informazione utili: norme igieniche da seguire e conservazione degli alimenti di origine animale
– rimuovere le feci dalle lettiere dei gatti con guanti e lavare frequentemente cucce e lettiere con acqua bollente
– indossare guanti quando si fa giardinaggio
– lavare accuratamente le verdure prima di mangiarle
– cuocere le carne in modo da non lasciare parti “al sangue”
– controllare la popolazione di topi nella zona dove vive il proprio gatto con trappole
– congelamento della carne a -20°C per almeno 3 gg
– cottura della carne almeno a 68°C
– salagione, salamoia e affaticamento non distruggono subito le cisti (anche se alte quantità di sale, circa il 6%, possono distruggerle anche nell’immediato) ma ci vogliono anche settimane
– evitare salumi e insaccati freschi o poco stagionate, e soprattutto quelle prodotte artigianalmente;
– prima della gravidanza procedere a un test per la ricerca degli anticorpi per il toxoplasma per la futura madre.
– testare il gatto per gli anticorpi verso il toxoplasma: le IgM (anticorpi che rivelano che la malattia è avvenuta da poco tempo, quindi l’animale potrebbe espellere le oociti nelle prossime settimane) e le IgG (dimostrano che l’organismo ha avuto immunità verso il parassita). In caso di negatività al test anticorpale, il gatto potrebbe essere soggetto a una futura infezione da parte dell’agente patogeno (il toxoplasma)
– ricordiamo che il gatto si contagia ingerendo animali morti infetti e crudi, quindi alimentando i gatti casalinghi con scatolette e croccanti il contagio risulterebbe difficile
Conclusioni e chiarimenti sui dubbi legati a questa patologia nella donna in gravidanza
A differenza di quanto molti credano, una donna in gravidanza non deve assolutamente liberarsi del proprio gatto per evitare di contrarre la toxoplasmosi, in quanto, solo nel 20% dei casi, l’infezione è legata all’ingestione diretta di oocisti eliminate dal gatto anche perché questo le elimina una sola volta nella sua vita per circa 2-4 settimane prima di immunizzarsi. Quindi, osservando le semplici norme igieniche (già elencate in precedenza) è davvero raro che il gatto possa essere direttamente causa di infezione.
La disinformazione di alcuni media, e alcune leggende metropolitane, hanno creato non poca confusione a riguardo: ricordiamo che gli animali domestici da compagnia non contagiano la donna in gravidanza in quanto anche loro, come l’uomo, sono ospiti secondari (a meno che non li mangiate crudi!).
In conclusione, la donna in gravidanza farebbe bene a preoccuparsi dell’alimentazione (evitando cibi poco cotti o non lavati bene) invece di liberarsi del proprio gatto.