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Amici, l’autunno è stagione sincera. Almeno tra di noi diciamolo senza fronzoli: della scomparsa della Battipagliese ci frega zero. Non mentiamo alla Dea Eupalla, evitiamo l’ira di Giove Ottimo Massimo. Sì, certo, qualche ricordo, ma al massimo la domanda di rito fatta a qualche amico:”In quale serie gioca adesso la Battiapagliese?”. Eppure la Battipagliese è ancora una volta il nostro simbolo: è in coma, come la nostra città.

FILOSOFIA DEL PALLONE

Parmenide, beandosi nelle spiagge di Ascea, stabilì temporibus illis che l’essere è tutto ciò che è. Tutto chiaro, direi, no? Ecco, a me piacerebbe comprendere cosa sia la Battipagliese a livello ontologico. Orsù dunque rispondiamo: cosa è la Battipagliese? Una azienduccia? Una squadra? Un simbolo? Per capirlo bisogna ben inquadrare il giuoco del calcio. 

Il calcio, è cosa nota, è arte plebea: unisce trasversalmente le persone dalla notte dei tempi. Oggi ci abbeveriamo alla fonte delle regole inglesi di metà ottocento ma da millenni le persone hanno bisogno di sfogarsi, in tempo di pace, intorno a qualcosa che simuli una guerra e che permetta di percepire un senso di appartenenza che taluni potrebbero definire borghese. 

Eppure il calcio moderno nasce in seno alla nobiltà inglese e si diffonde tra i poverelli della working class britannica, per diventare pandemico grazie a navi, porti e marinai. 

Già dalla prima metà del secolo scorso questo senso di appartenenza così tanto necessario trovò facile sfogo nei vessilli dei clubs di calcio. Il perché è degno di indagine sociologica ma basti pensare che il pallone è istintivamente amato: prendere a calci è connaturato e la sfericità affascina l’uomo da quando ci siamo alzati su due zampe. 

I paesi e le città hanno dunque tradotto il tipico campanilismo italico in rivalità pallonara, con diverse gradazioni a seconda del luogo. 

COS’È LA BATTIPAGLIESE?

Troppa filosofia ho ascoltato in questi anni pallonari, miei affezionatissimi. La risposta è più semplice del previsto. Battipaglia è paese giovane, le radici di ognuno di noi affondano le terga in luoghi vicini e al contempo lontani. Lo si percepisce dall’assoluta noncuranza con la quale trattiamo la nostra città. 

Prendiamo la popolazione residente a Battipaglia e facciamo un ragionamento in media. Vogliamo quantificare, ammesso che un sentimento possa essere misurato, l’affezione alla nostra cittadina. Per farlo abbiamo solamente un modo: studiare come i cittadini interagiscono col territorio, dove col termine “interazione” intendiamo qualcosa di molto ampio. Mediamente ai battipagliesi non importa assolutamente nulla della comunità battipagliese. Nulla. 

Sì, parlo di te, di te che stai leggendo. Parlo di me. Parlo di noi. A noi non è mai importato un tubo di Battipaglia, seppure con nobilissime eccezioni. Ebbene, il discorso fila pienamente. Una città ignorata dai propri cittadini ha come simbolo una squadra che non esiste più. Perché è Battipaglia a non esistere più. Per colpa tua. Per colpa mia. Per colpa nostra. 

Da quanto tempo non andavamo allo Stadio? Certo, pagare per vedere una squadra di ragazzini di sesta serie non era cosa molto saggia. Certo, la Domenica pomeriggio nessuno aveva voglia di scalare i gradoni di quello scempio che è il Pastena. Certo, anche a me dava fastidio pagare al Sant’Anna mentre la maggior parte entrava a gratis. Certo! 

BATTIPAGLIESI

Amici, piove e abbiamo lo sguardo stanco. Indossiamo tutti una mascherina e le strade sono sporche e bagnate. Tra di noi possiamo dirlo. Ci siamo anche illusi di giocare il campionato di Promozione, salvando il titolo sportivo, ma è arrivato l’annuncio dell’ex presidente Mario Pumpo: la Battipagliese non giocherà nessun campionato.
Abbiamo ucciso Battipaglia. Forse la mia generazione le ha semplicemente dato il colpo di grazia. Semmai quella precedente o quella prima ancora. La morale della favola è che sono vent’anni che non ci frega un tubo di Battipaglia, come potrebbe interessarci della Battipagliese? 

Quindi non fingiamo un lutto che non esiste e non confondiamo la malinconia per la nostra bella età con le partite di pallone. Non ci mancheranno le catacombe del Pastena, non ci mancherà la goliardia degli HRUB, non ci mancherà il calcio di sesta serie. La Battipagliese non ci mancherà. Ci manca ciò che potrebbe essere Battipaglia e non è. Ci manca ciò che potrebbe essere la Battipagliese e non sarà. Una cosa alla volta, amici. Negli anni ‘20 del ‘900 abbiamo fatto Battipaglia, negli anni ‘20 del 2000 è tempo di fare i battipagliesi.